L’anno scorso ammonimmo che la

deflazione della bolla delle commodity avrebbe potuto far scoppiare la bolla

finanziaria globale, pompata dalle autorità finanziarie al suono di migliaia

di miliardi di dollari delle banche centrali nel post 2007-2008. La storia

si ripete, la seconda volta come farsa, con il “panico sui mercati” e gli

esperti finanziari che si chiedono preoccupati “sta scoppiando la bolla?”

Dare la colpa alla Cina è ridicolo. È vero, è

scoppiata la bolla cinese, l’economia cinese non cresce velocemente come in

passato, lo yuan è stato svalutato. Ma la bolla cinese è principalmente

interna, non ha collegamenti rilevanti con le passività internazionali,

l’economia continua a crescere del 6-7% e lo yuan è stato aggiustato solo

del 4%. Non è certo questo che induce i mercati europei a bruciare 330

miliardi di Euro in un giorno, come è accaduto venerdì 21 agosto.

Molto più determinante per l’instabilità finanziaria

globale è la disintegrazione controllata dell’Euro da parte della BCE, Euro

che è stato svalutato del 20% rispetto al dollaro in un anno per la politica

del Quantitative Easing della BCE. Sapendo che 75.000 miliardi di dollari di

derivati sono collegati globalmente alle fluttuazioni valutarie, si può

affermare che qui, assieme alla deflazione della bolla delle commodity, vada

ricercata la causa del crac in corso.

Un resoconto più accurato di altri è stato pubblicato il

17 agosto dal Daily Telegraph col titolo “Doomsday Clock for

Global Crash Strikes One Minute to Midnight, as Central Banks Lose Control”

(l’orologio del giorno del giudizio del crac globale segna un minuto a

mezzanotte, mentre le banche centrali perdono il controllo). L’articolo,

come quello del direttore dell’International Business Ambrose

Evans-Pritchard, elenca i vari collassi che indicano che siamo di nuovo alla

vigilia di un crac come quello del 2008 e/o un’altra “grande recessione.”

Il continuo crollo dei prezzi del petrolio e di tutte le

altre merci importanti, soprattutto i metalli, una copia del crollo del

mercato delle commodity che precedette il crac del 2008, ha portato il

Bloomberg Commodity Index al livello più basso in questo secolo, notano.

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Al contempo il commercio mondiale ha subìto un calo di

oltre il 4% annuo, che secondo Pritchard indica una contrazione

dell’attività economica mondiale. E una serie di crisi valutarie sono in

corso nei paesi industrializzati di recente, Indonesia, Malesia, Thailandia,

Brasile, insieme al crollo delle borse in oltre 20 nazioni. Inoltre il

rapporto della Federal Reserve di New York sulla produzione industriale e

manufatturiera negli Stati Uniti, pubblicato il 17 agosto, indica una

marcata contrazione.

Il denominatore comune di tutti questi elementi del crac

è la massiccia esposizione di Wall Street e Londra a perdite sui derivati.

La disintegrazione di Wall Street in corso è la spinta per le provocazioni

di Obama contro la Russia.

Non c’è modo che Wall Street possa sopravvivere. Ma c’è

una soluzione: chiuderla, tagliare ogni flusso finanziario e sottoporre il

sistema a riorganizzazione fallimentare, con il ripristino della separazione

bancaria (Glass-Steagall). Quindi lanciare programmi di investimento

finanziati con credito pubblico, seguendo un programma di ricostruzione come

fece Franklin D. Roosevelt.

LaRouche: se impediscono la Glass-Steagall sarà il collasso (febbraio 2013)