Il 29 giugno il deputato socialista Hervé Féron del dipartimento Meurthe et Moselle, ha lanciato una sfida importante organizzando una conferenza per denunciare i danni terribili provocati dalla vergognosa guerra condotta dall’Arabia Saudita, con il sostegno degli Stati Uniti, dal Regno Unito e dalla Francia, conto uno dei Paesi più poveri al mondo, lo Yemen.

Il motivo di questa guerra? “Deportare” il movimento degli ḥuthi dopo la loro presa del potere nello Yemen del 2014, movimento accusato dall’Arabia Saudita di essere vicino politicamente all’Iran. Di una violenza inaudita, i combattimenti hanno già provocato, a quanto riferiscono le organizzazioni di soccorso internazionali, una delle crisi umanitarie più gravi al mondo, se non la più grave in assoluto, con il 70 percento dei 24milioni di yemeniti che rischia di morire di fame. Dal marzo 2015 si contano più di 7 mila morti, tra i quali numerosi civili, 10 mila feriti e 1,2 milioni di profughi.

Sotto attacco non è soltanto lo Yemen degli ḥuthi, ma anche il patrimonio storico millenario del Paese, la sua memoria. Gli attacchi aerei, le bombe, i combattimenti, ma anche i saccheggi, hanno provocato già immensi danni, soprattutto nei tre siti archeologici definiti “patrimonio mondiale dell’umanità” e ormai “patrimonio in pericolo”: la vecchia città di Sana’a, le antiche città di Zabîd a Occidente e Šibam nella regione meridionale Ḥaḍramawt (Oriente).

V’è di peggio: la coalizione colpisce siti che non hanno rilevanza militare, come la diga di Ma’rib, l’antica città di Barāqiš e il Museo regionale di Ḏamar, confermando la tesi che esista una volontà di distruggere una cultura e la sua memoria storica. Un solo bombardamento è stato sufficiente a distruggere la totalità dei 12,5 mila oggetti conservati presso il museo, ha dichiarato alla conferenza Iris Gerlach dell’Istituto archeologico tedesco. Tra di essi i resti della civiltà degli Ḥimyar (275-571 d.C.), centinaia di iscrizioni nella lingua del regno di Saba (800 a.C.) e una raccolta relativa al periodo islamico. Tutto fa credere che i sauditi, di corrente sunnita, siano pronti a tutto, pur di sterminare gli ḥuthi, adepti della corrente sciita detta zaydismo.

È stato quindi per dare l’allarme sulle minacce costituite dalla guerra, in particolare sul patrimonio culturale ricchissimo ma poco noto al grande pubblico, che il deputato Féron, insieme ad Anne Regourd del CNRS e dell’Università di Copenaghen, il 29 giugno ha riunito in conferenza presso il Palazzo Borbone i più accreditati specialisti del patrimonio storico dello Yemen, relativamente a all’architettura, all’archeologia, all’archivistica e ai manoscritti (vedi).

La coalizione belligerante non è scusabile, in quanto consapevole di quello che sta facendo. Le tre archeologhe Iris Gerlach, Sabina Antonini per l’Italia e Jérémie Schiettecatte per la Francia fornirono all’UNESCO l’elenco dei cinquanta siti archeologici, storici e patrimoniali da proteggere e nel giugno 2015 l’elenco fu trasmesso dall’UNESCO alla coalizione.

Scrivere di tutta la documentazione di grande valore trasmessa durante alla conferenza è praticamente impossibile. Il grande pubblico è più sensibile alle immagini della bellezza storica che ai testi: pertanto ci concentreremo sulle aggressioni al patrimonio architettonico e archeologico. Ringraziamo l’architetto Paul Bonnenfant che ci ha permesso di usare fotografie da lui scattate su questi magnifici siti, tra il 1975 a il 2004.

Patrimonio architettonico

Paul Bonnenfant, ricercatore del CNRS, ha introdotto la prima parte della conferenza conducendo i partecipanti sulla “strada della guerra e della distruzione” del patrimonio architettonico, da Nord a Sud del Paese (vedi Fig. 1).

Figura 1

Figura 1


Egli non s’è risparmiato, denunciando a più fasi questa guerra che oppone le sette potenze mondiali a uno Yemen che sta su uno dei gradini più bassi della scala di ricchezza (157 su 187), la vendita massiccia di armi da parte della Francia (16 miliardi di euro) all’Arabia Saudita (“una delle dittature più violente del mondo”) ed il conferimento della Légion d’honneur al Principe bin Sulṭān. Tutto ciò, ha commentato, “non è molto morale”.

Bonnenfant ha cominciato il suo immaginario tour dalla città di Sa’dah, bastione degli ḥuthi, oggetto di un vero accanimento saudita, nella quale sorge la Moschea al-Hādī di 1200 anni di storia, distrutta parzialmente dai bombardamenti (Fig. 2 e Fig. 3), insieme a case millenarie in sasso e ghiaia e minareti centenari. Il tour ha toccato la città di Ẓafār, antica capitale della confederazione tribale ḥimyarita (110 a.C. – 525 d.C.), il cui secondo sito archeologico del Paese, dopo quello di Ma’rib, è stato bombardato.

Figura 2

Figura 2 – Città di Sa’dah, Grande Moschea e Mausolei di al-Hādī Yahyā ibn al-Hussayn, il primo imam zaydita dello Yemen, morto nel 910 d.C. I mausolei sono stati distrutti dalla coalizione saudita, sostenendo che vi si nascondessero delle truppe che ugualmente avrebbero potuto voler distruggere tali storiche opere architettoniche, segno della nascita di un regno zaydita in Yemen.



Fig. 3

Figura 3

Quindi è stata la volta della magnifica Sana’a, attuale capitale dello Yemen (Fig. 4): 5 mila delle 9 mila belle abitazioni a più piani del quartiere al-Qasimî (Fig. 5), risalente nel suo apogeo tra i secoli VII e VIII, hanno subìto gravi danni dagli attacchi aerei (Fig. 6).

Figura 4

Figura 4 – La cittadella di Sana’a, capitale dello Yemen. Questo sito molto antico è ancora occupato dall’esercito. Poiché è contiguo al centro storico della città, rischia continuamente di essere bombardato o di subire danni collaterali.



Figura 5

Figura 5 – Complesso di abitazioni che porta ai giardini urbani di Sana’a. Molte delle facciate di queste case che guidano lo sguardo verso i giardini di al-Qasimî sono state distrutte dalle bombe.



Figura 6

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Quindi Rada’a, con la sua scuola-moschea del XVI secolo con le cupole allineate (Fig. 7), e Jibla, con la sua moschea e il suo palazzo della regina zaydita, Arwà al-Ṣulayhî.

Figura 7 -

Figura 7 – La cittadella e la madrasa al-Amiriyya di Rada’a. Questa scuola-moschea del periodo ṭahiride è davvero particolare nella sua concezione architettonica. La città ha subìto un attentato suicida nella zona di Sūq, in prossimità della moschea.

Poi Ta’izz. Durante i combattimenti durati quindici mesi, questa città costruita su un monte a 1400 metri sul mare (Fig. 8) è stata devastata. La sua fortezza medievale “Il Cairo” è stata bombardata (Fig. 9) e il suo museo distrutto.

Figura 8 -

Figura 8 – La cittadella di Ta’izz che, prima dei bombardamenti, dominava la città. Il sito archeologico di alcuni millenni di storia è stato devastato dalle bombe.



Figura 9 -

Figura 9


La popolazione residente è ora senza ospedali, acqua, viveri. Altri magnifici monumenti sono minacciati a Ta’izz (Figg. 10, 11, 12).

Figura 10 -

Figura 10 – A Ta’izz la madrasa al-Ašrafiyya, dell’epoca rasulide. La dinastia rasulide (secoli XIII-XV) fu una delle più brillanti in Yemen, soprattutto dal punto di vista dell’architettura. I bellissimi edifici antichi sono minacciati, essendo la città da oltre un anno teatro di combattimenti cittadini tra i due gruppi in cerca di potere, i partigiani di al-Ḥuthi e i partigiani di al-Hādī, sostenuti dalla coalizione a guida saudita.



Figura 11 -

Figura 11 – A Ta’izz la madrasa al-Ašrafiyya (leggi i commenti alla Figura 10).



Figura 12 -

Figura 12 – A Ta’izz la grande moschea al-Muẓaffariyya (leggi i commenti alla Figura 10).


Segue Zabîd, seconda città del “patrimonio internazionale” dichiarato dall’UNESCO. L’ex capitale dello Yemen (secc. XIII-XV) ebbe una grande importanza per lunghi secoli in ragione della sua Università islamica e della bellezza della sua architettura civile e militare (Figg. 13, 14, 15).

Figura 13

Figura 13 – Il mausoleo ʻAysā al-Ḥitār nei pressi di Zabîd, sulla pianura costiera del Mar Rosso.



Figura 14

Figura 14 – Il cimitero e il mausoleo di ʻAynāt nell’Ḥaḍramawt.



Figura 15

Figura 15 – Il celeberrimo mausoleo del profeta Hûd nell’Ḥaḍramawt.


La vecchia città fortificata di Šibam, infine, con i suoi edifici in mattone crudo, slanciata su sette piani, costruiti su uno sperone roccioso della valle dell’Ḥaḍramawt. Le strutture impressionanti in forma di torri del terzo “sito del patrimonio mondiale” dell’UNESCO, le valgono il soprannome di “Manhattan del deserto” (Fig. 16).

Figura 16

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Il regno di Saba

Iris Gerlach, responsabile del ramo di Sana’a presso l’Istituto archelogico tedesco, ha introdotto la seconda sessione della conferenza. Con un discorso intitolato “L’Arabia Felix dimenticata”, si è dilungata sul patrimonio archeologico ereditato dal regno di Saba (inizi del 1000 a.C. – 116 a.C.) oggi minacciato.

Ha denunciato in particolare i raid aerei subiti dalle chiuse idrauliche, i soli resti sopravvissuti al tempo, dell’opera più notevole di questa epoca: la grande diga idraulica di Ma’rib (Figg. 17, 18) che fu la chiave di volta per il rigoglìo millenario di Saba, estendendosi sui territori attuali dello Yemen fino all’Etiopia, l’Eritrea e alla Repubblica di Gibuti.

Figura 17

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Figura 18

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“Con l’aiuto dei sistemi d’irrigazione altamente sviluppati, fu possibile al Ma’rib trasformare il deserto in una terra fertile e lussureggiante, e di mantenere il più ampio paesaggio di oasi artificiali del mondo, per oltre mille anni. In qualità di crocevia principale delle vie commerciali arabe, Saba organizzava e controllava il commercio su lunga distanza dei profumi, in particolare dell’incenso e della mirra. Questi prodotti, convogliati dal mondo mediterraneo e dalla Mesopotamia, comportarono enormi profitti per i regni arabi del vecchio Sud, tra i quali Saba era uno dei più influenti e potenti. Questi profitti venivano investiti, tra le altre cose, per elaborare dei programmi di costruzione di complessi centri urbani, di santuari, di palazzi e anche di installazioni di gestione dell’acqua […]”.

L’antica Ma’rib, capitale di questo regno è un “centro urbano di 94 ha di ampiezza, cinto da mura di protezione di magnifici templi, di palazzi, di quartieri residenziali, di zone di manovra delle carovane e di grandiosi giardini. I giardini e i campi erano irrigati da un vasto sistema di canali alimentati dalla Grande Diga di Ma’rib. Questa struttura era un vero capolavoro d’ingegneria, essendo l’irrigazione dei campi realizzata unicamente grazie ai monsoni che arrivavano soltanto due volte all’anno sulle montagne dello Yemen. Le precipitazioni erano raccolte negli uidian (al singolare uadi), i letti di torrenti che venivano inondati con forza in seno alle zone desertiche. Le enormi quantità di acqua che scorrevano in modo assolutamente incontrollato nella regione montagnosa verso il deserto, erano bloccate a Ma’rib da una diga costruita tra due massicci rocciosi, di 20 di altezza e 600 m di lunghezza. Tale sbarramento arrestava il flusso d’acqua, lo rallentava e lo dirigeva verso le chiuse, una a Nord e una a Sud”.

I manoscritti dello Yemen

La terza parte del colloquio è stata dedicata allo stato di conservazione degli archivi e dei manoscritti, oltreché del patrimonio musicale yemenita. Anne Regourd, direttrice anche della rivista internazionale Chroniques du manuscrit au Yémen, ha trattato la questione della ricchezza dei manoscritti del Paese e della necessità di proteggerli dalla guerra.

In un articolo scritto insieme a David Hollenberg all’inizio dell’anno nella rivista appena citata, i due specialisti esaminano il contenuto specifico del corpus di manoscritti yemeniti che ha permesso al meglio di comprendere le questioni di fondo che alimentano la guerra tra l’Arabia Saudita, sunnita, e il governo degli ḥuthi, sciiti zayditi. Rispetto ad altri paesi musulmani, i manoscritti yemeniti sono quelli più ricchi nelle discipline della giurisprudenza, della teologia dialettica, della grammatica, della storia, delle belle lettere, della scienza, dell’esegesi del Corano e della pietà. Essi testimoniano la produzione de parte dell’Islam classico di una teologia dialettica più razionalista, fondata non su un rigore attento solo al testo, ma sull’idea di un apporto necessario dell’intelletto umano, della filosofia e della logica. Esso interessò una zona culturale che si estese attraverso la luna crescente comprendente l’Iran, l’Iraq, la regione del Bilād al-Šām e lo Yemen zaydita.

Anche se è in corso uno sforzo per salvaguardare questi manoscritti presso molti privati cittadini organizzati in una rete di ONG e di associazioni locali senza scopo di lucro, occorre comunque un’assistenza internazionale.

Appello alla mobilitazione

Nonostante le ripetute denunce, queste distruzioni nello Yemen non hanno suscitato finora la stessa levata di scudi che si ebbe durante i simili attacchi in Siria, per non parlare di quelli in Iraq e nel Niger.

Il 7 settembre 2015 il deputato Féron ha presentato un’interrogazione a risposta scritta all’allora Ministro della Cultura francese, denunciando “l’inazione incredibile” della comunità internazionale. Aveva domandato al Ministro di esprimersi pubblicamente al fine di “impedire che l’Arabia Saudita rada al suolo la memoria più volte millenaria di questa parte del mondo” poiché, disse, citando George Orwell: “il mezzo più efficace di distruggere la genti e di negare e di cancellare la loro propria comprensione della storia”!

di Christine Bierre, Solidarité et Progrès