Il suicidio di Luigino d’Angelo, il pensionato di Civitavecchia che aveva perso tutti i suoi risparmi nel bail-in di Banca Etruria, il più estremo tra i tanti casi di risparmiatori depredati nel salvataggio delle quattro banche italiane, ha scosso l’opinione pubblica e acceso i riflettori sulla brutalità delle nuove regole europee di “risoluzione bancaria” che il governo Renzi ha adottato benché parzialmente. Oltre centomila clienti hanno perso in molti casi i risparmi di una vita solo perché hanno acquistato obbligazioni subordinate che la loro banca aveva garantito come sicure. E mentre nessuno li aveva avvisati della cambiata valutazione di rischio dei loro titoli, grandi investitori ben informati liquidavano azioni e obbligazioni in alcuni casi per valori milionari.

Renzi, sulle difensive sia a causa degli interessi della famiglia del ministro Boschi in Banca Etruria, che forse per i legami emergenti tra gli amministratori della stessa e membri della sua famiglia, ha pubblicamente appoggiato la proposta di una Commissione d’Inchiesta sul crac delle quattro banche. Questo potrebbe dimostrarsi uno strumento valido se verrà presieduto da una persona competente e indipendente, come lo fu il procuratore Ferdinand Pecora nel 1933. Pecora presiedette la commissione d’inchiesta che mise a nudo il marcio del sistema di Wall Street e spianò la strada alle riforme finanziarie di Roosevelt.

Similmente, una commissione d’inchiesta italiana dovrebbe ricostruire non solo le truffe perpetrate dalle banche nei confronti dei propri clienti, ma anche il processo in cui le quattro casse di risparmio e banche cooperative sono state trasformate in entità speculative e finite in bancarotta. Essa dovrà rispondere alla domanda: senza le leggi Draghi-Amato, che abolirono il sistema di separazione bancario vigente dal 1936, le quattro banche sarebbero fallite lo stesso?

Un’inchiesta seria potrebbe quindi aprire un varco per il ripristino del sistema di separazione, della garanzia dei depositi e della prudenza nell’attività bancaria tradizionale. Il tema è già sul tappeto. Il movimento di LaRouche in Italia conduce da anni una campagna su questo tema e ha influenzato direttamente o indirettamente ben sei proposte di legge attualmente depositate al Senato.

Negli ultimi giorni, solo alcuni parlamentari del M5S hanno rilanciato la proposta di separazione. In particolare Marco Zanni, che da quando è stato eletto al Parlamento Europeo conduce una battaglia per il ripristino della legge Glass-Steagall, e il suo collega alla Camera Alessandro Di Battista. In una dichiarazione pubblicata il 9 dicembre, Zanni ha affermato: “Per evitare nuove crisi sistemiche la proposta del Movimento 5 Stelle in Europa è quella d’istituire un moderno Glass Steagall Act attraverso: separazione netta e obbligatoria tra le attività di credito tradizionali e le attività speculative e di investimento”. E Di Battista, in un’intervista per Libero il 10 dicembre, ha chiesto di “dividere una volta per tutte le banche commerciali da quelle di investimento, così che un cittadino possa sapere che se va a mettere i soldi in una banca, quella non fa operazioni speculative, che fa giochi in borsa, ma che offre credito e fa le operazioni normali di una banca”.