Alla 21esima conferenza sul clima non è mancata la fuga in avanti di chi ha chiesto di ridurre il presunto aumento della temperatura, da qui a 85 anni sotto il valore di 1,5 °C.

Non soltanto sono fraudolente le premesse della conferenza di Parigi e delle precedenti su questo tema, ma questa conferenza si è avuta a qualche settimana di distanza dagli attentati nella capitale francese, dovuti al completo fallimento dei responsabili della politica a livello mondiale, in testa Barack Obama, nell’affrontare la vera crisi globale, alimentata essenzialmente dal caos seminato in quelle regioni in cui è stata applicata la dottrina del cambiamento di regime.

L’IPCC e gli organizzatori della COP21 sono in errore dal punto di vista strettamente scientifico. La loro opera riflette un fraintendimento assoluto in merito al ruolo della specie umana su questo pianeta. Davanti alle misure della cosiddetta “impronta ecologica” molti creduloni entrano in panico, salvo tranquillizzarsi nell’illusione di fare qualcosa di buono per salvare il pianeta. Altri, invece, vanno oltre: hanno una visione sinistra della cosa. Uno di questi è il principe Carlo, esponente della monarchia britannica. Anche Carlo e i suoi pari credono che i primi siano dei creduloni, ma per una ragione tenuta nascosta dal frainteso “amore per la natura”: sanno che per “arrestare i cambiamenti climatici” vengono portati a sostenere un sistema che prevede la disintegrazione economica, soprattutto nelle zone più popolose del mondo, laddove cioè milioni di poveri dovrebbero invece essere sollevati dalla loro triste condizione.

Il principe Carlo, il cavaliere Hans Joachim Schellnhuber e i loro compari maltusiani vogliono ridurre la popolazione mondiale intorno ai 2 miliardi di individui, se non a 1 miliardo solo. Gli argomenti “scientifici” vengono dopo, usati in maniera sofistica.

Questi barbari agiscono come predatori contando sulla stupidità della gente, che è stata portata a credere che l’umanità e il pianeta siano votati a una catastrofe a meno di non arrestare il corso del progresso umano. La verità è un’altra: l’unica catastrofe per l’uomo e per il pianeta potrebbe derivare da un arresto del processo assolutamente naturale del progresso e della intensificazione dell’attività economica umana.

Immaginiamo la risposta immediata di qualcuno: “Ma noi non siamo [esseri] naturali! Come specie siamo così concentrati su noi stessi, ed è per questo che….”

L’idea che l’attività umana sia una presenza innaturale, la prima ad essere accaduta sul pianeta è folle. Se è vero che è differente dalle cose precedenti, essa è simultaneamente la continuazione di processi naturali terrestri, che in sé non furono mai in condizione di stagnazione.

Tra le grandi menti che lo fecero notare vi fu lo scienziato russo-ucraino Vladimir Vernadskij (1863-1945). Egli scrisse estesamente su questo punto e le sue parole sono preziose oggi, tenuto conto della vera crisi in cui ci troviamo.

Ma che cosa è veramente naturale?

L’autore de “La biosfera”, fondatore della biogeochimica, è un’autorità sulla questione.

I primi studi di Vernadskij furono dedicati alle strutture cristalline e alla composizione del suolo, mentre coltivava il suo interesse per la questione più generale della distinzione tra ciò che chiamava materia vivente e materia non vivente, e tra la biosfera e la litosfera, che le contengono.

L’elaborazione del concetto di biosfera fu fatta a partire dall’iniziale espressione del geologo Eduard Suess, il quale intendeva semplicemente “il luogo della superficie terrestre in cui soggiorna la vita”. Vernadskij concentrò l’attenzione sulle caratteristiche della biosfera, per coglierne il funzionamento in qualità di processo unificato e, cosa più importante, e il modo in cui cambia.

Nel 1938 scrisse: “L’evoluzione della biosfera è connessa all’intensificazione del processo evolutivo della materia vivente”.

In molti scritti redatti tra gli anni Venti e gli anni Trenta si trovano riflessioni specifiche sull’evoluzione della biosfera, caratterizzata da un’intensità sempre crescente di ciò che egli chiamò migrazione biogenica degli atomi. Arrivò ad asserire che questa richiesta determina la sopravvivenza delle specie: quelle specie che possono intensificare ulteriormente la propria attività della biosfera possono sopravvivere, mentre quelle che non possono sono destinate a scomparire.

C’è molto da dire a proposito, e da leggere. Negli anni Trenta, in particolare, si concentrò pesantemente su un’altra “sfera” che ha caratteristiche uniche, benché consistente con gli aspetti noti dell’evoluzione. La definì noosfera, perché espressione del pensiero scientifico visto come fenomeno planetario. Questo nome fu anche il titolo di una delle sue ultime opere del 1938. Anche se in inglese tuttora manca una traduzione approfondita e decente di questa opera, possiamo comunque ricavare dalle traduzioni incomplete e non ufficiali a noi note quei brani che ci permettono di comprendere più profondamente questo fenomeno senza precedenti, benché naturale.

Il pensiero scientifico come forza geologica

Vernadskij specificò ulteriormente che non soltanto la noosfera è pensiero scientifico che afisce su scala planetaria, ma che la sua intensità d’azione la impone in qualità di grande forza geologica.

Lasciamo che siano le sue stesse parole ad esprimerlo:

“…la principale influenza del pensiero umano come fattore geologico è espressa nella sua manifestazione scientifica: esso costruisce e guida il lavoro tecnico dell’umanità, che trasforma la biosfera”.

“…dobbiamo notare e prendere in considerazione che il processo dell’evoluzione della biosfera, la sua transizione in noosfera, [si] manifesta chiaramente in un’accelerazione del processo geologico. I cambiamenti che si manifestano nella biosfera attraverso il corso [delle ultime] migliaia di anni in connessione con la crescita del pensiero scientifico e dell’attività sociale dell’umanità, non sono mai esistiti, in precedenza, nella storia della biosfera”.

“La biosfera ha più volte effettuato delle transizioni in un nuovo stato evolutivo. Le nuove manifestazioni geologiche, che non sono mai esistite prima, hanno fatto la loro comparsa. Ciò è accaduto, per esempio, nel cambriano, quando iniziarono ad esistere grandi organismi dotati di scheletro calcareo, e nel terziario (o forse alla fine del cretaceo), 15-80 milioni di anni fa, quando iniziarono a comparire le nostre foreste e le nostre steppe, e si sviluppò la vita dei grandi mammiferi. Lo abbiamo sperimentato, fino a oggi, anche negli ultimi 10-20 milioni di anni, mentre cioè l’uomo, avendo sviluppato un pensiero scientifico inserito in un ambiente sociale, stava creando una nuova forza geologica della biosfera, senza precedenti. La biosfera ha compiuto una transizione, o, più precisamente, sta compiendo una transizione in un nuovo stato evolutivo – nella noosfera. Questa transizione è attuata dal pensiero scientifico dell’umanità sociale”.

“Attualmente stiamo sperimentando una manifestazione straordinaria della materia vivente all’interno della biosfera, geneticamente connessa con la comparsa dell’homo sapiens migliaia di anni or sono, la creazione, in questo modo, di una nuova forza geologica, il pensiero scientifico, che accresce decisamente l’influsso della materia vivente sull’evoluzione della biosfera. Completamente circondata da materia vivente, la biosfera sta accrescendo la forza geologica della materia vivente fino a un grado apparentemente illimitato e, essendo trasformata dal pensiero scientifico dell’homo sapiens, sta compiendo una transizione in uno dei suoi nuovi sati, la noosfera”.

L’evoluzione non regredisce, c’è sempre progresso

Una delle principali conclusioni di Vernadskij sull’evoluzione della biosfera è che essa assume un verso ben preciso, che non può essere invertito. Uno degli esempi più importanti nella parte dell’ultimo testo del 1938 sulla biosfera, è quello della cefalizzazione, il fenomeno evolutivo riguardante l’encefalo (il cervello) studiato in particolare da J. D. Dana. La tendenza evolutiva è stata per gli organismi quella di dotarsi di un sistema nervoso centrale sempre più cruciale per l’individuo. Vi sono altri esempi da considerare; ad esempio la crescita della migrazione biogenica degli atomi di cui abbiamo parlato prima. Vernadskij sottolinea anche che lo sviluppo della noosfera non è differente.

“Come manifestazione della materia vivente, il pensiero scientifico non può essere sostanzialmente un fenomeno reversibile; può arrestarsi nel corso del suo moto, ma, una volta creato e manifestato nell’evoluzione della biosfera, esso porta seco la possibilità di uno sviluppo illimitato nel corso del tempo”.

L’uomo come essere naturale e legittimo
(se pensante in modo scientifico)

Per l’umanità sarebbe innaturale agire in modo autolesionistico cercando di invertire il proprio processo di sviluppo, quello della noosfera. Per Vernadskij ciò sarebbe innaturale anche dal punto di vista dell’evoluzione di tutta la materia vivente terrestre.

“In tutte le sua manifestazioni l’uomo comprende una parte legittima e definita della struttura della biosfera. L’esplosione del pensiero scientifico nel XX secolo è stata preparata dall’intera biosfera che lo ha preceduto e ha radici profonde nella sua struttura: non può cessare e tornare indietro”.

“[L’uomo] comprende una manifestazione inevitabile di un grande processo naturale, che si estende legittimamente attraverso il corso di almeno due miliardi di anni”.

Un inferno sulla Terra senza la noosfera,
non a causa di essa

Scrivendo negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale, allorché molte parti del mondo erano colpite da gravi crisi, Vernadskij ebbe la convinzione che quel conflitto non fosse un risultato storico inevitabile, legato in qualche modo alla natura umana (o, come dice il principe Carlo in questi giorni, alla concentrazione dell’anidride carbonica). Egli lo vide, al contrario, come il risultato della mancanza dell’uomo nel cogliere la sua propria natura:

“In questi nostri giorni, sotto l’influsso degli orrori della vita che ci circondano, [ma] nel solco di un fiorire senza precedenti del pensiero scientifico, è divenuto necessario ascoltare l’approccio della barbarie, del collasso della civiltà, dell’auto-annichilimento dell’umanità. Queste tendenze, e questi ragionamenti mi appaiono come conseguenze di una penetrazione non sufficientemente profonda da parte del pensiero scientifico del nostro ambiente”.

Si dovrebbe aggiungere che la noosfera non è un necessariamente un concetto limitato al pianeta Terra. Vernardskij disse che per l’umanità è naturale colonizzare la Terra e sapeva che ci saremmo avventurati nello spazio extra-atmosferico. Si potrebbe dire che, anche se l’umanità ha origine dalla Terra, non appartiene alla Terra. In verità, la noosfera è, come scrisse Vernadskij “il regno della Ragione” e per tale definizione è illimitato.

La noosfera non ha confini

Obnubilati da una nebbia mentale collettiva, coloro che dibattono di cambiamenti climatici cominciano a pensare che ci siano stati concessi solo alcuni anni di progresso industriale, e che ora quel tempo sia finito. Di questo pensiero abbiamo la prova nelle dichiarazioni insignificanti ogni giorno declamate: “abbiamo già usato i 2/3 del nostro bilancio di anidride carbonica!”

Chi dice queste cose dovrebbe risparmiare il fiato. L’unico limite posto al potenziale di crescita dell’umanità sarebbe l’auto-imposizione di un limite, in quanto tale soggettivo, come quello suggerito da coloro che sono appunto convinti dell’origine antropogenica del riscaldamento climatico, oppure come semplice conseguenza della decisione di credere in un concezione fissa di ciò che si intende con risorsa naturale disponibile ai nostri usi. Come umanità, abbiamo appena cominciato a usare il potenziale della fissione nucleare, per non parlare delle difficoltà inerenti la fusione dei nuclei.

Vernadskij fu molto chiaro a proposito. Scrisse del nostro potenziale illimitato, rimanendo dell’avviso che il problema sta nel dipendere da un’idea fissa di risorsa naturale, considerata come fonte del nostro approvvigionamento energetico. Mantenne la fiducia nel pensiero scientifico e nella sua possibilità di superare tale sfida, come infatti è accaduto a più riprese. Anche l’economista americano Lyndon LaRouche ha scritto estesamente su questo tema, disapprovando le teorie sballate di personaggi come Thomas Malthus.

Per il momento, chiudiamo con alcune affermazioni a tema, le più nette e precise, di Vernadskij. Esse siano qualcosa di più che una boccata d’aria fresca: le sue parole vanno difese. A farlo possono essere solo esseri umani.

“Siamo presenti e partecipiamo attivamente alla creazione di un nuovo fattore geologico nella biosfera, senza precedenti in quanto a potenza e unità”.

“Scientificamente è stato stabilito negli ultimi 20-30 mila anni, ma è stato palesato in modo accelerato soltanto nell’ultimo millennio”.

“L’inviluppo dell’intera superficie della biosfera da una specie sociale unificata del regno animale – cioè dall’umanità – è stato completato dopo molte centinaia di migliaia di anni di lotta tempestosa e inarrestabile. Non v’è angolo della Terra che sia inaccessibile all’umanità. Non vi sono limiti alla nostra crescita demografica. L’uomo, attraverso il pensiero scientifico e attraverso la propria vita, organizzato socialmente in Stati, e guidato dalla tecnologia, sta creando una nuova forza biogenica nella biosfera, che guida la sua crescita demografica e crea condizioni favorevoli per la sua popolazione in porzioni della biosfera, precedentemente impenetrabili dalla vita umana, e anche in luoghi in cui prima mancava la vita”.

“Teoricamente, non possiamo prevedere un limite per il potenziale dell’umanità”.

Libera traduzione da un articolo di Meghan Rouillard