La campagna per la delegittimazione e destituzione del Presidente degli Stati Uniti d’America, iniziata con la frode del “Russiagate”, è stata seriamente menomata dalla rivelazione dell’analisi forense delle condizioni del trafugamento dai calcolatori del Partito Democratico americano, fatta dai Veterans Intelligence Professionals for Sanity (VIPS) e poi da The Nation. La corrispondenza elettronica fu trafugata da persone con accesso fisico ai calcolatori e non piratata.

Da quel momento, la versione americana delle rivoluzioni colorate di ideazione britannica e conduzione internazionale, ha aperto un nuovo fronte di attacchi al Presidente: quello facile della provocazione razziale. Tutte le operazioni di guerra psicologica di questo tipo sono fondate su alcuni aspetti popolari che sembrano costituire problemi irrisolvibili all’interno della società che è presa di mira.

Diciamo le cose come stanno. Assistiamo a un’esplosione della più pura ipocrisia negli Stati Uniti, mentre ad attaccare il Presidente di equivocità morale sulla questione razziale si spendono noti responsabili di genocidio e sostenitori dell’eugenetica, quali George H. W. Bush, George W. Bush e Larry Summers.

Il Presidente ha correttamente descritto i fatti di Charlottesville come eventi pianificati per scopi politici e asserito che l’unica soluzione alla questione razziale americana è nel rilancio dell’occupazione produttiva. Esattamente il punto elaborato da Lyndon LaRouche già nel 1979, con un saggio dal titolo “Che cos’è accaduto all’integrazione?” ancora attuale.

Pensate che i pezzi grossi del business americano che ora si allontanano da Trump, proclamandosi estimatori della diversità, abbiano fatto qualcosa per creare negli Stati Uniti occupazione produttiva negli ultimi venti anni?

La Presidenza di Barack Obama e la sua equiparazione della politica dell’identità con il progresso sociale hanno creato il calderone che sta bollendo ora. Nessun progresso sociale è stato affermato con la sua Presidenza; al contrario, si è avuta un piena di droghe, bande e depressione economica nei ghetti del Paese.

Tipico delle misure britanniche di contrasto delle ribellioni è l’uso di gang ideologicamente condizionate e reciprocamente opposte a formare un ciclo senza fine di violenze e assassinii, una strategia perfezionata durante la guerra contro i Mau Mau in Kenya, dal Brigadiere Gen. Frank Kitson e chiamata appunto gang-countergang.

Nel caso di Charlottesville, entrambe le bande in azione erano controllate dall’FBI o da altri agenti addestrati allo scopo.

Il KKK e i sostenitori della supremazia dei bianchi presenti sulla scena, Richard Spencer e David Duke, sono da tempo legati all’FBI. Il secondo, si potrebbe dire, fu una creazione di George H. W. Bush.

Risulta al LaRouchePAC che un altro personaggio importante della vicenda, Jason Kessler, ora parte della cosiddetta “Alt Right” fu fino al novembre 2016 un attivista in favore di Obama e partecipò alle manifestazioni di “Occupy Wall Street”. Voci dicono che in quel momento lavorò per CNN. Strana metamorfosi, per non dire altro. L’uomo alla guida dell’auto che ha ferito molti e ucciso un manifestante è uno spostato e imbroglione dal nome di James Fields, il cui invasamento per il nazismo e per la violenza furono rilevate della autorità sin dai tempi della scuola superiore.

Dall’altra parte troviamo il Governatore della Virginia Terry McAuliffe (nella foto), il sindaco di Charlottesville Michael Signer e un ex impiegato del Dipartimento di Stato che alcuni dicono alle dipendenze della CIA; quindi l’apparato “resistente” di Obama in Virgina e infine gli “Antifa” violenti e senza legge.

Il piano di rimozione della statua di Robert E. Lee e di raduno di protesta di gang ispirate al “potere dei bianchi” è cosa vecchia, in realtà. Si tratta appunto di uno schema gang-countergang: “Antifa” e “Alt-Right” se le stanno dando di santa ragione in giro per gli Stati Uniti: a Berkeley, a Portland e altrove.

I manifestanti “bianchi” di Charlottesville avevano un permesso ottenuto dopo un noto dibattimento in tribunale. Entrambe la fazioni hanno potuto usare i social media per organizzarsi.

Coloro che rispondono al profilo della countergang erano, oltre ai membri di “Antifa”, gli esponenti del Progressive Change Campaign Committee, di Standing Up for Social Justice, di Refuse Fascism, di Black Live Matter e di altri gruppi finanziati e controllati da George Soros. Anche la loro azione ha goduto di una preventiva propaganda del Center for American Progress di John Podesta, che è il centro istituzionale dell’apparato di “resistenza” a Trump.

Immediatamente dopo le elezioni presidenziali, il sindaco di Charlottesville Michael Signer affermò che la città si sarebbe erta a capitale della “Resistenza” a Donald Trump. Allo stesso tempo, i principali organizzatori mediatici di “Indivisible”, uno dei primi movimenti in rete opposti a Trump, migrarono in Virginia per contribuire alla campagna del protégé di Obama Tom Perriello, candidato a governatore. Perriello è stato al servizio del Dipartimento di Stato in Africa. La sua campagna pare fu fortemente sostenuta dal Center for American Progress e il suo direttore Brennan Gilmore fu coinvolto, secondo la stampa, in una Rivoluzione Culturale nella Repubblica Centrafricana, contrapponendo gli islamici ai cristiani con i tragici esiti che tutti conosciamo.

McAuliffe ha una storia ben nota di attività torbide e di espedienti politici. Venerdì 11 agosto, allorché i razzisti bianchi marciavano adoperando le stesse “torce tiki” usate dai neonazisti in Ucraina, nel golpe condotto da Obama e dai britannici nel febbraio 2014.

Stando ad alcuni resoconti di ciò che è accaduto sabato 19 agosto 2017 Singer e McAuliffe hanno fatto sì che la polizia facesse incontrare i gruppi contrapposti, anziché separarli e poi si è limitata ad assistere quando entrambe le fazioni armate sono passate ai fatti. Forse non è un caso che sia stato proprio Brennan Gilmore a riprendere con la videocamera l’automobile di Fields falciare i “contro-dimostranti” e uccidere una giovane donna, Heather Heyer. È il suo video ad aver circolato più volte in televisione e su Internet.