Un nuovo studio sulla produttività del lavoro preparato per il Forum dell’OCSE del 31 maggio-1 giugno a Parigi mostra che nel decennio 2004-2014 la produttività è crollata in tutti i Paesi industrializzati con l’eccezione della Corea del Sud, e che i presunti aumenti di produttività dovuti all’IT e alle innovazioni nelle comunicazioni non sono mai esistiti (vedi).

Negli Stati Uniti, nella maggior parte dei Paesi europei e in Giappone, la produttività del lavoro (cioè il PIL diviso per le ore lavorate) è cresciuta di meno dell’1% nel decennio in esame. La Corea del Sud, nota come il Paese dell’ingegneria pesante, rappresenta l’eccezione con oltre il 3,5% annuo. Questo allinea la Corea con la Cina, la cui produttività nello stesso periodo è cresciuta, secondo uno studio della Harvard Business School, del 3,6% annuo.

Gli altri risultati hanno sorpreso gli stessi autori dello studio dell’OCSE. Laddove si riteneva che la riduzione dei salari e l’introduzione di innovazioni IT e nelle comunicazioni avrebbe portato ad un aumento nella produttività del lavoro e dagli investimenti di capitale, entrambi sono caduti. E sono caduti nei settori dove si riteneva che crescessero più rapidamente.

“Nella maggior parte dei Paesi dell’OCSE, il rallentamento della produttività si manifesta in quasi tutti i settori, interessando imprese grandi e piccole, ma è stato particolarmente marcato in quelle imprese in cui le innovazioni digitali e tecnologiche promettevano dividendi di produttività, come nei settori dell’informazione, della comunicazione, della finanza e delle assicurazioni”. Così sembra che gli i-phones, i computer per l’HFT (High Frequency Trading) e i robot hanno abbattuto la produttività.

In realtà, sia negli anni Settanta (a lungo termine) che negli anni Novanta (a breve termine), Lyndon LaRouche aveva previsto questo fenomeno e ora commenta che lo studio dell’OCSE “ha dimostrato la mia tesi, provando anche l’errore di quella contraria”.

È dal 1967 che LaRouche denuncia la politica che ha portato al crollo della produttività: se si separa l’occupazione industriale moderna dalle infrastrutture che la rendono possibile, e la si sposta in regioni a bassi salari che quelle infrastrutture non hanno, permettendo alle infrastrutture della regione di origine di decadere, si abbasserà la produttività dell’intera economia mondiale, per quanto “moderna” possa essere la fabbrica delocalizzata. Al contrario, se si costruiscono nuove piattaforme di infrastrutture dove non esistono e dove sono necessarie nuove “missioni” di grandi progetti, la produttività dell’economia mondiale aumenterà.

La Cina e la Corea, ad esempio, sono state impegnate nella costruzione di infrastrutture su larga scala: ad esempio i corridoi ferroviari ad alta velocità e i progetti idroelettrici della Cina e le industrie del nucleare e portuali della Corea. Nelle nazioni transatlantiche dell’OCSE, tali missioni infrastrutturali sono una distante memoria, e cose come la nuova Galleria del San Gottardo sono l’eccezione.