L’incontro del 22 gennaio tra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e i 33 ministri degli Esteri della Comunità degli Stati Latino Americani e dei Caraibi (CELAC), tenutosi a Santiago del Cile, è avvenuto all’insegna dell’ottimismo. Tutti i ministri della CELAC hanno accolto favorevolmente l’offerta cinese di cooperazione “win-win” e l’invito ad aderire all’Iniziativa Belt and Road (BRI), o Nuova Via della Seta.
L’entusiasmo era tale che il Forum Cina-CELAC si è concluso con una dichiarazione in 5 punti sulla BRI, nella quale si afferma che la Cina “considera le nazioni latino-americane e caraibiche l’estensione naturale della Via della Seta Marittima e partecipanti indispensabili alla cooperazione internazionale per la Belt and Road”. A loro volta, i Ministri degli Esteri hanno “accolto con interesse la presentazione del Ministro degli Esteri cinese sulla Belt and Road, per rafforzare la cooperazione tra le nazioni dell’America Latina e dei Caraibi” in vari settori.

Anche se mai direttamente evocata, la domanda nell’aria durante le discussioni di Santiago era “che cosa fanno gli Stati Uniti?”. La regione soffre da 16 anni per i pessimi rapporti con Bush e Obama, e tutti si chiedono se l’Amministrazione di Trump cambierà politica e riconquisterà la fiducia delle nazioni del continente, cooperando con la Cina nella BRI per aiutare i Paesi della CELAC a svilupparsi economicamente.

Invece di riconoscere il fatto che lo “spirito della Nuova Via della Seta” prende piedi a Sud degli Stati Uniti, il Segretario di Stato Rex Tillerson (nella foto) ha dato una risposta deludente a questa domanda, il primo febbraio, quando era in partenza per un tour in cinque nazioni latinoamericane.

Evidentemente ha sentito il bisogno di rassicurare la fazione neoconservatrice e geopolitica negli Stati Uniti. Ha auspicato il cambio di regime in Venezuela e a Cuba, sostenendo la presunta campagna “contro la corruzione” voluta dal Dipartimento della Giustizia americano e dall’FBI, oltre a definire Cina e Russia “potenze imperiali” la cui politica “predatoria” costituirebbe una minaccia per la regione.

Mentre il settimanale della City di Londra The Economist ha fatto subito eco alle accuse di Tillerson, quasi tutta la regione ha respinto il suo messaggio geopolitico. Diego Guelar, ambasciatore argentino in Cina, ha dichiarato all’agenzia stampa EFE il 6 febbraio che “v’è una chiara equazione multipolare nel mondo ed è un bene…. L’era dell’imperialismo è morta. La Cina svolge un ruolo molto importante in tutte le nazioni latinoamericane, in termini di commercio, finanziamenti e investimenti”.

Un messaggio simile è giunto dall’ambasciatore colombiano in Cina, dal console generale dell’Uruguay a Shanghai, dal direttore commerciale del Cile in Cina, e dal Ministro peruviano del Commercio. Anche l’ambasciatore colombiano Oscar Rueda ha dichiarato all’EFE che solo “i Paesi stessi” sono nella posizione di stabilire rapporti bilaterali tra di loro.