Mentre la deindustrializzazione “antropocentrica” dell’Europa avanza a passi da gigante, sta cambiando il vento per la politica del “Green Deal” di Ursula von der Leyen. Mentre il terremoto politico nell’Assia, stato chiave della Germania, potrebbe essere un presagio delle “things to come” a Berlino, anche altri pezzi dell’agenda verde dell’UE stanno crollando.
* Il 9 novembre, il Parlamento europeo ha approvato il rinvio delle severe regole “Euro 7” sulle emissioni, di due anni per le automobili e di quattro anni per gli autocarri. Insieme al regolamento, si è sfaldata la “maggioranza Ursula” nel Parlamento europeo, cioè la coalizione che aveva eletto la von der Leyen a Presidente della Commissione europea nel 2019. La decisione di rinviare l’Euro 7 è stata votata dalla maggioranza del Partito Popolare e dei Liberali, nonché da un terzo dei socialisti, che si sono uniti ai conservatori e ai nazionalisti dell’opposizione.
* Un’altra sconfitta per l’agenda della von der Leyen è prevista per il 21 novembre, quando il Parlamento europeo dovrebbe votare il nuovo regolamento sugli imballaggi, che vieterebbe, tra l’altro, i bicchieri di carta per le bevande consumate all’interno di bar e ristoranti, le bustine di zucchero, i flaconi di plastica per gli shampoo e i bagnoschiuma degli alberghi e alcune confezioni in cui vengono venduti frutta e verdura. Si prevede di sostituirli con imballaggi lavabili e riutilizzabili.
L’industria italiana degli imballaggi e diverse associazioni di agricoltori, che negli ultimi anni si sono interamente convertite al precedente standard di riciclo del monouso, si sono mobilitate per bloccare questa normativa. Un gruppo di 40 parlamentari europei italiani di tutti i partiti politici si è unito alla mobilitazione e si è impegnato a costruire una maggioranza apartitica per bloccare la nuova proposta di regolamento al Parlamento europeo.
* Il terzo sviluppo non riguarda, in senso stretto, l’agenda dell’UE, ma lo fa per implicazione. La Svizzera ha deciso di prolungare la vita delle sue quattro centrali nucleari fino a quando sarà possibile mantenerne la sicurezza. Esse forniscono attualmente il 40% dell’elettricità del Paese. Sebbene un referendum tenutosi nel 2017 abbia votato a favore dell’uscita dal nucleare, l’attuale insicurezza energetica ha spinto ad un ripensamento per evitare un enorme buco nero nell’approvvigionamento energetico nazionale. Inoltre, si dice che il potenziale di espansione delle cosiddette rinnovabili si sia esaurito.
Anche Belgio e Finlandia stanno pianificando di prolungare la durata di vita delle loro centrali nucleari. La Finlandia ha recentemente completato una nuova centrale e ne sta progettando un’altra, così come Romania, Bulgaria e Slovenia.
* Infine, uno dei pilastri del sistema europeo, il cosiddetto mercato unico dell’energia, ha iniziato a sgretolarsi, seminando il panico tra gli hedge funds e l’intera industria finanziaria, che negli ultimi anni lo ha sfruttato per ottenere grandi profitti. Il governo tedesco ha annunciato un piano quinquennale di sovvenzione dei costi energetici per l’industria, volto a fissare il prezzo per i produttori a 70 euro per Mwh, per una spesa di 28 miliardi fino al 2028. A quanto pare, la Commissione ha dato il via libera (o non ha ancora acceso il semaforo rosso), per cui i produttori italiani ora chiedono lo stesso trattamento. Secondo il quotidiano La Verità, la Commissione si oppone alla richiesta del governo di Roma di rinviare la liberalizzazione totale del mercato dell’energia in Italia.