L’irruzione dell’FBI nell’abitazione dell’ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha scatenato una tempesta di proteste, dovute sia all’incapacità di fornire un’adeguata spiegazione dei motivi per cui è stata avviata, sia alla natura senza precedenti dell’azione stessa. Nessun ex Presidente nella storia degli Stati Uniti è mai stato oggetto di una simile azione. Lo scopo annunciato era quello di sequestrare documenti segreti che sarebbero stati sottratti illegalmente da Trump alla Casa Bianca. L’FBI riferisce di aver sequestrato circa due decine di scatoloni con undici serie di documenti segreti.
Ma la pubblicazione del mandato di perquisizione firmato dal ministro della Giustizia Merrick Garland ha sollevato più interrogativi che risposte. Esso è stato descritto da alcuni giuristi come “illimitato”, cioè un tentativo di cercare prove di qualsiasi cosa, non necessariamente correlate alle accuse di distruzione di documenti o di possesso di documenti riservati. I sostenitori dell’ex Presidente affermano che l’azione è un “tentativo di creare prove” nella speranza di trovare un “reato” che potrebbe essere usato per impedire a Donald Trump di candidarsi alla presidenza nel 2024.
E’ opinione diffusa, soprattutto tra i suoi sostenitori, che il raid sia stato motivato da considerazioni politiche (e non legali); si sottolinea come non siano stati spiccati mandati di perquisizione in casi precedenti che riguardavano il trattamento di documenti riservati, come il recente caso di Hillary Clinton. L’FBI ha messo in guardia dal pericolo che esploda la violenza politica in reazione al raid, citando discussioni in rete di “guerra civile” e “ribellione armata”.
Data l’intensa polarizzazione negli Stati Uniti, dovuta anche al trattamento riservato dai Democratici alla cosiddetta “insurrezione” del 6 gennaio 2021 in Campidoglio, i mainstream media – che hanno partecipato a pieno titolo a inquadrare Donald Trump come “burattino di Putin” nel Russiagate – continuano a gettare benzina sul fuoco. I vertici del Partito Democratico, gli avversari di Trump tra i repubblicani e, soprattutto, il nesso tra finanza e intelligence definito “Deep State”, sperano di trarre da questa azione vantaggi politici per le elezioni di novembre, ma ciò potrebbe rivelarsi un grave errore di calcolo.
Il raid ha portato a un numero crescente di richieste di chiusura dell’FBI, dato che i principali agenti dell’ente federale erano impegnati in una campagna aperta contro Trump sin dal suo annuncio alla presidenza nel 2015. Il problema principale, al di là della cattiva condotta dell’FBI, è tuttavia il ruolo della burocrazia permanente del Dipartimento di Giustizia (DOJ), che venne già usata contro Lyndon LaRouche, come spieghiamo in un prossimo articolo.