Il mondo transatlantico si accinge ad accomiatarsi dal 2018 in uno stato di turbolenza e sotto la minaccia di un crac finanziario peggiore del 2008. La protesta di massa in Francia non è che l’ultima manifestazione di una rivolta generale contro il paradigma neoliberista, l’ingiustizia sociale e l’austerità che attraversa il vecchio continente.

Emmanuel Macron, che aspirava a stabilire una “presidenza olimpica” dopo aver vinto le elezioni, è stato ripudiato da una popolazione infuriata per la difesa degli interessi del “Monte Olimpo” contro i propri. Benché il governo abbia fatto qualche concessione, sarà difficile che ciò calmi la rabbia popolare. Inoltre, il fatto che Bruxelles sia disposta ad accettare l’aumento del deficit per la Francia ma non per l’Italia allargherà la frattura in seno all’UE.

La situazione nel Regno Unito si aggiunge all’instabilità. Il governo della May lotta per sopravvivere sulle condizioni della Brexit tenendo in sospeso il futuro della City di Londra e del mercato dei derivati. In quel contesto l’ex Primo Ministro Tony Blair, un lacché dell’Impero Britannico che gode di zero sostegni popolari nel suo Paese, è stato mandato a Bruxelles a proporre un secondo referendum sull’uscita dall’UE per rovesciare il risultato del primo.

A livello strategico, l’UE mantiene un atteggiamento di scontro verso Cina e Russia. Al suo vertice del 13 dicembre sono state rinnovate le sanzioni contro la Russia per altri sei mesi, mentre aumentano le tensioni sull’Ucraina. Inoltre, dopo che la Camera dei Rappresentanti americana ha votato, l’11 dicembre, una risoluzione non vincolante contro il progetto Nord Stream 2 col pretesto che esso minacci la “sicurezza energetica” europea e danneggi gli interessi statunitensi (la vendita di gas naturale americano), il Parlamento Europeo lo ha seguito a ruota, con un voto di maggioranza a favore dell’abbandono del progetto.
Che fare per liberare l’Europa dalle catene della geopolitica? Lo Schiller Institute ha sempre sostenuto che la cartina al tornasole per la capacità morale di sopravvivere è, per l’Europa, il destino dell’Africa. Oggi come ieri, la missione storica dell’Europa è assicurare lo sviluppo economico e sociale dell’Africa. In quel senso, la recente conferenza sull’emigrazione di Marrakesh è stata una pagliacciata, poiché nulla è stato fatto per affrontare le cause del problema.

Sull’altra sponda, la Cina ha già contribuito a trasformare il continente con la Iniziativa Belt and Road, generando sviluppo e, più importante ancora, aprendo prospettive per il futuro. I leader cinesi hanno ripetutamente proposto ai Paesi europei di cooperare in progetti di sviluppo per l’Africa. È giunta l’ora di mobilitarsi per cogliere una tale occasione e costruire il Nuovo Paradigma.