Il 22 marzo, a quasi due anni dall’avvio dell’inchiesta condotta da un esercito di investigatori per un costo stimato di oltre 25 milioni di dollari, l’Inquirente Speciale Robert Mueller ha finalmente consegnato il proprio rapporto al Ministro della Giustizia William Barr. E non dice niente!

Il rapporto giunge alla conclusione che né il Presidente Trump né la sua famiglia né i funzionari della sua organizzazione elettorale fossero collusi con le interferenze del governo russo nelle elezioni presidenziali del 2016 e propone l’archiviazione.

Quanto all’accusa che Trump sia colpevole di “intralcio alla giustizia” (tra l’altro per aver licenziato il direttore dell’FBI James Comey, come era sua prerogativa in qualità di Presidente), Mueller ammette che non vi sono prove contro il Presidente. Trump ha rilevato, correttamente, che “questo era un tentativo fallito, e illegale, di incriminarmi”.

Non dimentichiamo che le poche incriminazioni di collaboratori di Trump su cui i media hanno fatto un gran fracasso negli ultimi mesi nulla avevano a che vedere con la Russia o con lo stesso Trump, ma erano relative a menzogne circolate presso il Congresso o in seno all’FBI, tasse non pagate, frode finanziaria e altri reati comuni di questo tipo.

Ciononostante, i più feroci nemici di Trump all’interno del Partito Democratico, contando sul sostegno indiretto del “partito della guerra”, mirano ancora a voler chiedere l’impeachment del Presidente, ma la loro credibilità è molto bassa presso la popolazione americana e perfino la speaker democratica della Camera Nancy Pelosi è contraria e fa notare che una richiesta di impeachment si ritorcerebbe contro i democratici. Un sondaggio reso noto la scorsa settimana da CNN indica che il numero di americani adulti favorevoli all’impeachment è sceso dal 43% di dicembre al 36% di oggi.

Come abbiamo riferito sin dal primo giorno, il Russiagate non è mai stato sulla collusione tra la campagna di Trump e la Russia, o sul fatto che Trump fosse un “agente di Putin” e lavorasse col nemico, anche se questa è la narrativa che viene scodellata ogni giorno dai media. Esso puntava a destituire il Presidente appena eletto o quanto meno a impedirgli di agire, rendendolo politicamente incapace di mettere in pratica l’intenzione, più volte annunciata, di stabilire buoni rapporti con Russia e Cina e porre fine alle guerre per cambiare i regimi all’estero, intenzione considerata un “crimine” dall’establishment filo-britannico. Disgraziatamente, in parte ci sono riusciti.

Il tentativo di golpe, che l’EIR ha documentato abbondantemente, è stato orchestrato da Londra e condotto con grande zelo dall’apparato del “Deep State” nel complesso formato dal Dipartimento di Giustizia, dall’FBI e da altri servizi di intelligence, aiutati dagli ambienti dei neoconservatori, dall’apparato di Clinton-Obama nel Partito Democratico e, naturalmente, dai media. Anche in Europa la classe politica dominante e i media si sono resi complici di questo tentativo.

È giunta l’ora di denunciare i responsabili di questa congiura e assicurarli alla giustizia (vedi sotto), a partire dalla verità sulla vera collusione straniera nel processo elettorale americano, quella dei britannici. In questo modo il Presidente Trump sarà libero di seguire il proprio piano originale, quello di stabilire buoni rapporti con Russia e Cina e di portare gli Stati Uniti nel Nuovo Paradigma.

(Nella foto un pamphlet di LPAC su Robert Mueller)