Venerdì 22 luglio un tribunale di Mosca ha tenuto un’udienza preliminare sulla morte di Christophe de Margerie, l’ex capo della francese Total che morì allorché il suo jet colpì uno spazzaneve mentre stava per decollare dall’aeroporto di Vnukovo nel pieno della notte. Cinque addetti dell’aeroporto, compreso l’autista dello spazzaneve, che non subirono danni nell’incidente, sono parte difensiva nel caso.

All’epoca (autunno 2014) la commissione d’inchiesta chiamata a riferire direttamente al Presidente russo Vladimir Putin concluse che l’incidente era “non una sequenza tragica e terribile di circostanze… ma negligenza criminale dei funzionari” che mancarono nell’accertarsi che il personale dell’aeroporto coordinasse i propri compiti. Oggi, sulla base di rivelazioni contenute in un nuovo libro dal titolo “L’enigma Margerie. Inchiesta sulla vita e la morte del magnate francese del petrolio”, scritto da una giornalista free-lance Muriel Bosetti, la possibilità che De Margerie sia stato assassinato è diventata oggetto di dibattito pubblico. France 24, la “CNN francese”, ha colto l’occasione delle audizioni di Mosca per riassumere le argomentazioni della giornalista:

  1. De Margerie era un partner amichevole di Vladimir Putin per lo sviluppo economico. Dopo la sua morte nel 2014, “sconvolto dalla notizia” Putin dichiarò che “con Christophe de Margerie, abbiamo perduto un vero amico della nostra nazione, che ricorderemo con il più grande affetto”;
  2. De Margerie fu un gollista e difese la cooperazione per il mutuo sviluppo, non semplicemente tra governi, ma tra nazioni sovrane. De Margerie indispettì gli Stati Uniti criticando la loro ingerenza negli affari ucraini e la stupidità delle sanzioni contro la Russia;
  3. De Margerie pianificò l’uso di valute differenti dal dollaro per commerciare in petrolio. Bosetti cita Marin Katusa, che nel suo libro “La guerra ancor più fredda” rivela uno dei segreti dell’attuale dominio di Wall Street e della City: l’indicizzazione del dollaro sul petrolio che risulta “dallo storico accordo del 1973 tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, per il quale Washington avrebbe protetto militarmente il regno [saudita], le avrebbe venduto qualunque armamento necessario e avrebbe mantenuto la famiglia reale al potere”, in cambio di un commercio esclusivo in dollari del petrolio con gli Stati Uniti. Katusa argomenta che il rovesciamento di Saddam Hussein e Mu’ammar Gheddafi furono parzialmente motivati dalle loro intenzioni di sbarazzarsi del dollaro nel commercio di petrolio. L’Iran e il Venezuela sono ugualmente nei guai per la stessa intenzione.

La giornalista dedica un intero capitolo del suo libro al precedente della morte del Presidente dell’ENI Enrico Mattei, nel 1962: “Mattei era convinto di poter trovare petrolio per l’Italia al di là delle sue frontiere, sviluppando rapporti diretti con i Paesi produttori di petrolio liberi dall’eredità coloniale… Egli propose dunque di accompagnare il loro sviluppo economico con trasferimenti tecnologici progressivi… Nel 1957 l’ENI firmò un accordo storico con l’Iran, lasciando il 75% del profitto al Paese produttore e mettendo fine al tradizionale “fifty/fifty” delle “Sette sorelle”… Egli quindi propose questo modello alle altre nazioni come la Nigeria e l’Egitto… I contratti erano innovativi su un punto cruciale: il Paese produttore di petrolio non sarebbe stato più un beneficiario della propria ricchezza, ma sarebbe diventato un attore industriale” Mattei allora superò la “linea rossa” firmando, nel pieno della guerra fredda, un succoso accordo con l’URSS, pronta a fornire 12 milioni di tonnellate di petrolio a un prezzo inferiore del 40 percento rispetto al prezzo “di mercato” deciso dalle “Sette sorelle”. Alla fine di ottobre 1962 John F. Kennedy chiese a Mattei di raggiungerlo negli Stati Uniti. La Esso era pronta a fornire tutto il petrolio necessario all’Italia qualora Mattei accettasse di lasciar cadere l’accordo con la Russia. Per andare negli Stati Uniti, Mattei avrebbe dovuto viaggiare dalla Sicilia fino a Milano. Il suo aereo non arrivò mai ed esplose nei boschi della Lombardia. Le autorità giunsero alla conclusione che si fosse trattato di un incidente.. Trentacinque anni dopo la verità venne a galla quando un pentito della mafia ammise di aver posto una bomba sull’aereo. La feccia negli Stati Uniti aveva chiesto alla sua “organizzazione madre” in Italia di far fuori Mattei. Coloro che diedero l’ordine non sono ancora stati arrestati… Naturalmente, le “sette sorelle” e i seminatori di guerra come i fratelli Dulles avevano molti motivi per volere Mattei morto.

Tre personalità europee hanno pagato con la propria vita la loro decisione di opporsi all’egemonia mondiale geopolitica: nel 1962 l’industriale italiano Mattei; nel 1989 il banchiere tedesco Herrhausen e nel 2014 l’industriale De Margerie. È ora di arrestare i loro assassini.

di Karel Vereycken