L’attuale dibattito sull’inflazione ricorda il personaggio di Don Ferrante nei Promessi Sposi. Costui era un dotto aristotelico che, nel mezzo della peste che infuriava nella Milano del seicento, concluse che, essendo il morbo né sostanza né accidente, esso non poteva esistere. Naturalmente, racconta il Manzoni, Don Ferrante morì del morbo che secondo lui non esisteva.
Similmente, la Casa Bianca ha commentato il dato dell’indice dei prezzi al consumo, che mostrano un allarmante +4,2% su base annua, il più alto dal 2008, asserendo che esso rientrerebbe in una “normalizzazione” e che comunque si tratterebbe di un fenomeno “transitorio”. https://twitter.com/WhiteHouseCEA/status/1392484737772572674 . Già il presidente della Fed, Jerome Powell, aveva usato lo stesso termine, mentre la Bank of America aveva coniato l’ossimoro “iperinflazione transitoria”.
A differenza della Casa Bianca e dei media “embedded”, la banca centrale cinese (PBOC) valuta l’inflazione in arrivo come per niente transitoria e punta il dito contro il colpevole. La PBOC se lo può permettere; non avendo lanciato denaro a pioggia a beneficio degli speculatori, non vive in una casa di vetro.
Nel rapporto trimestrale sulla politica monetaria alla fine di aprile, la PBOC, sulla base di tre indici – il WTI (future petroliferi), il LME (future del rame) e il CRB (prezzo a pronti delle commodities) – ha rilevato l’aumento globale dei prezzi dei relativi gruppi di merci rispettivamente del 187%, 89% e 51% su base annua.
Uno dei fattori scatenanti di questi aumenti, secondo il rapporto, è la politica monetaria “ultra-espansiva”, assieme ai pacchetti di stimolo e al divario offerta-domanda, come effetto dei lockdown. È improbabile che l’effetto di questi fattori sparisca a breve termine e perciò è probabile che l’inflazione dei prezzi sui mercati globali delle merci persista.
L’analisi è corretta. La politica monetaria “ultra-espansiva” ha alimentato enormi flussi di denaro speculativo sulle commodities. È vero che i lockdown hanno determinato un’offerta inferiore alla domanda nel momento in cui riparte l’economia mondiale, ma i prezzi sui mercati dei future sono per la maggior parte determinati da fondi speculativi e altri che scommettono sull’aumento dei prezzi, ma che non acquisteranno mai quelle merci.
L’altra dinamica alimentata dalla liquidità delle banche centrali è l’inflazione dei prezzi finanziari, ovvero la bolla dei mercati azionari. Pam e Russ Martens (Wallstreetonparade) hanno calcolato che la capitalizzazione del mercato azionario USA supera la somma del PIL delle quattro nazioni più industrializzate del mondo: USA, Cina, Giappone e Germania. https://wallstreetonparade.com/2021/05/at-49-1-trillion-the-u-s-stock-market-is-larger-than-the-combined-gdp-of-the-u-s-china-japan-and-germany/. Essi scrivono:
“Quando la cornucopia delle bolle azionarie finalmente scoppierà, rivelando le corrotte fondamenta su cui poggiava, si può star sicuri che ci saranno numerose testimonianze al Congresso che diranno che nessuno lo poteva prevedere”.
Come sosteneva Lyndon LaRouche, nell’ambito dell’attuale sistema le banche centrali non hanno altra scelta che pompare sempre più liquidità nel sistema stesso, per evitare che scoppi la bolla. Così, inevitabilmente, prima o poi l’inflazione dei prezzi finanziari esonderà nell’economia reale e sfuggirà al controllo. C’è solo una soluzione: chiudere la bisca finanziaria con una riforma ispirata alla legge Glass-Steagall del 1933 (il modello su cui fu emanata anche la Legge Bancaria italiana del 1936), che separava l’attività di credito e di raccolta del risparmio dal trading e dall’investment banking.