L’accordo raggiunto all’ultimo minuto tra la Commissione Europea e il governo italiano sulle sofferenze bancarie ha evitato una crisi che avrebbe fatto implodere il sistema dell’euro. La Commissione ha accettato che il governo garantisca di fatto una fetta sostanziale delle sofferenze, così allontanando temporaneamente il rischio che una o più grandi banche fossero costrette a sottoporsi ad una procedura di risoluzione secondo le nuove regole UE.

Tuttavia, il problema non è affatto risolto. Le sofferenze e i crediti incagliati ammontano ufficialmente a 370 miliardi, quasi il 40% delle sofferenze dell’intera Eurozona. Questo è il risultato del crollo protratto dell’economia che ha prodotto insolvenze sui mutui e sui crediti privati (circa ottocentomila famiglie), e sui crediti alle imprese. Queste perdite non possono essere nascoste – o perlomeno non a lungo – sui bilanci, cosicché oggi le banche italiane, generalmente più prudenti di quelle straniere che nel 2008 furono salvate a suon di centinaia di miliardi dei contribuenti, si trovano in maggiore difficoltà di altre che ascrivono a bilancio attivi finanziari senza valore (cfr. “Chiudere Wall Street per fermare la disintegrazione finanziaria”).

Le nuove regole europee vietano al governo di intervenire con il bilancio statale se non successivamente all’impiego di tutte le risorse previste dal bail-in, e cioè la confisca di azioni, obbligazioni e depositi sopra i centomila euro. Ma alla luce dell’esperienza del decreto “salvabanche”, applicare il bail-in in Italia sarebbe un suicidio politico, oltre che destabilizzante per l’intero sistema. Come abbiamo illustrato negli ultimi mesi, è da tempo in corso una fuga di depositi da parte di risparmiatori e investitori istituzionali spaventati dalla possibilità di una soluzione “bail-in” per le banche più esposte, come Monte dei Paschi e Carige. I saldi Target2 della BCE mostrano un massiccio aumento delle fughe di capitale dall’Italia nel 2015, mentre sembra che nei primi quindici giorni dell’anno un miliardo di euro abbia preso il volo da Siena.

Non solo gli economisti più attenti, come Luigi Zingales e Paolo Savona, hanno sollecitato il governo a chiedere e applicare una sospensione delle regole del bail-in, ma lo stesso governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha compiuto il passo poco protocollare di suggerire una revisione della BRRD (la legge di risoluzione bancaria) nel suo intervento al convegno dell’Assiom/Forex il 30 gennaio.

Di fronte all’irremovibilità del governo italiano e al rischio che la situazione precipitasse, la Commissione ha dovuto accettare l’intervento-non intervento pubblico. Un precipitare della crisi avrebbe rappresentato un pericolo di contagio e addirittura di implosione dell’euro, secondo fonti americane consultate dalla rivista EIR.