Tratto dall’articolo di Karel Vereycken: http://www.solidariteetprogres.org/city-wall-street-ennemis.html

Dalla fine del secolo scorso il nostro mondo sperimenta una situazione straordinaria, che è stata descritta con grande precisione dall’economista François Morin nel suo libro “L’idra mondiale, l’oligopolio bancario” (L’hydre mondiale, l’oligopole bancaire, Lux Editeur, 2015). Se, infatti, nel passato furono il banchiere di un certo re, imperatore, presidente o papa ad assumere un ruolo preponderante nella storia, oggi è un vero e proprio “oligopolio bancario” di ventiquattro istituti a imporre la propria legge, non ad alcuni, ma all’immensa maggioranza dei governi occidentali. Come diceva il quotidiano britannico The Guardian: “L’industria finanziaria non è più una perversione del sistema, bensì è il sistema”.

Storia di un oligopolio

Dopo le liberalizzazioni della sfera finanziaria avviate negli anni Settanta, con l’apertura ai movimenti di capitali e il conferimento ai mercati, non più agli Stati nazionali, del ruolo di controllo dei tassi d’interesse o di quelli di cambio tra le valute, la globalizzazione dei mercati si generalizza verso la metà degli anni Novanta. I più grandi istituti bancari si adattano a questo nuovo spazio di transazioni, con le fusioni e con le ristrutturazioni.

Fusioni bancarie negli Stati Uniti. In trent'anni, dall'abrogazione del  Glass-Steagall Act, trentasette (37) banche sono diventate quattro (4) "troppo grandi per fallire" (too-big-to-fail).

Fusioni bancarie negli Stati Uniti. In trent’anni, trentasette (37) banche sono diventate quattro (4) “troppo grandi per fallire” (too-big-to-fail).

Vengono così create le condizioni straordinarie di un oligopolio su scala mondiale. Esso si coordina rapidamente a livello internazionale e diventa gigantesco: anche se nel mondo si contano circa 40mila banche, in alto, al vertice, soltanto ventotto, cioè lo 0,0007%, conducono le danze. Nel 2012 la somma dei loro bilanci, pari a 50.241 miliardi di dollari) è superiore al debito pubblico mondiale, di duecento Stati ammontante a 957 miliardi di dollari!

Riconoscendo che tale situazione potrebbe portare a una nuova crisi, i G20 riuniti a Cannes nel 2011 dichiarano “sistemici” queste ventotto banche e nove istituti assicurativi. Il fallimento di una di queste banche o di uno di questi nove istituti può comportare la caduta di tutti gli altri, poiché ciascuno ha assunto dimensioni ed estensioni impressionanti! Senza fare del complottismo, Morin constata che questa posizioni di oligopolio assicura di fatto ad essi il potere politico di un governo mondiale non eletto.

La frode dei prodotti finanziari derivati

Queste banche e questi istituti abusano di questa loro posizione. Con la deregulation finanziaria essi ottengono il diritto di inventare e di vendere i prodotti “derivati”: in sostanza prodotti assicurativi, molti dei quali di natura assai speculativa. Già con l’elezione presidenziale francese del 1995 Jacques Cheminade ammonì che ci si trovava davanti a una “bomba H finanziaria”.

Nel 2007 la crisi ebbe come origine proprio i derivati. Soltanto quattordici delle ventotto banche anzidette fabbricano prodotti finanziari derivati il cui premio nozionale raggiunge 710mila miliardi di dollari, cioè un po’ più di dieci volte il PIL mondiale, mentre dieci di esse gestiscono l’80% della transazioni che implicano un cambio valutario!

A ciò si aggiunge, come dimostrano le inchieste, che undici tra di esse (Bank of America, BNP-Paribas, Barclays, Citigroup, Crédit suisse, Deutsche Bank, Goldman Sachs, HSBC, JP Morgan Chase, Royal Bank of Scotland et UBS) hanno sistematicamente adottato “intese tra bande organizzate” per manipolare il mercato degli scambi o del Libor (tasso d’interesse nei prestiti interbancari di riferimento, stabiliti a Londra).

Perché la City di Londra e Wall Street?

Per “oligopolio bancario” si intende la “finanza anglosassone”? No, poiché tra queste ventotto banche, sedici sono europee, otto americane, tre giapponesi e una cinese. Anche se hanno la sede legale alla City di Londra o a Wall Street, è soprattutto per ragioni strategiche ben note.

Ben più vecchio degli Stati nazionali, il centro decisionale degli imperi finanziari e le borse hanno saputo trasformarsi laddove aveva deciso di scrivere la storia. Spostandosi da Babilionia alla City, passando per Delfi, Roma, Venezia e Genova, Bruges, Anversa, Lione, Ginevra e Amsterdam, l’oligarchia finanziaria seppe imporsi in tutta Europa attraverso la storia; in seguito mise piede negli Stati Uniti, a Wall Street. Se Venezia fu al centro del mondo medioevale, Londra ne prese il posto successivamente, situata com’è tra il Vecchio e il Nuovo mondo.

L’oligopolio bancario di oggi gode dei vantaggi imparabili offertigli dalla City. Questa realtà è un vero e proprio Stato nello Stato, una cittadella il cui sindaco è eletto dalle banche e con un rappresentante non eletto al Parlamento britannico: si chiama City of London Corporation ed è un paradiso fiscale, il prototipo di tutte le altre piazze esentasse create da Londra, negli anni Cinquanta, sulle innumerevoli isole dell’Impero Britannico (isole anglo-normanne, isole Cayman, isole vergini britanniche, ecc.)

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La City gode di un regime di segretezza che le permette in tutta legalità apparente, ed estranea alla legge degli Stati civili, una “ottimizzazione” fiscale (leggi “evasione”) stimata intorno ai 3100 miliardi di dollari annui. Si aggiungono a questa somma i mille miliardi di dollari frutto del traffico di armi e di droga, e di altri profitti legati al terrorismo.

Quando l’Unione Europea, nel nome del liberismo estremo, fustiga le posizioni da oligopolio dei cartelli e pretende l’apertura di certi settori alla concorrenza “libera” e “non falsata”, la Commissione Europea, infiltrata da ogni parte dagli alti funzionari del Commonwealth britannico e vivente in simbiosi con circa 50 mila dipendenti delle lobby installati a Bruxelles, si è sempre rifiutata di interessarsi anche alla City. Per avere peso nei confronti della Cina e degli Stati Uniti, dicono gli ingenui, è meglio avere gli inglesi dalla nostra parte…

LordMayorCity

La succursale americana dell’Impero Britannico

Tutta la storia degli Stati Uniti può essere riassunta nel conflitto brutale tra una giovane nazione e Wall Street, quando alla fine prendono piede e trionfano gli interessi schiavisti filo-britannici. Ottengono anche la soppressione della Banca Nazionale americana, alla quale sostituiscono nel 1912 la Federal Reserve, espressione di banche private, creata sul modello della Banca d’Inghilterra, cioè sulla precedente Banca d’Amsterdam, e via risalendo nella storia. Più britannica dei britannici, Wall Street dispone dei propri paradisi fiscali (Panama, Stato del Delaware, ecc.) raccoglie i capitali del mondo intero.

Lo studio legale Sullivan & Cromwell (S&C), braccio giuridico delle famiglie Morgan e Rockefeller, perfeziona il sistema, inventando e generalizzando il concetto delle “holding”, preziosissimo ai fini dell’evasione fiscale, e si specializza nelle operazioni di fusione finanziaria e acquisizione.

Due dei suoi avvocati, i fratelli Allen e John Foster Dulles, il primo al vertice della CIA e il secondo Ministro degli Esteri del Presidente americano Eisenhower, fanno degli Stati Uniti una grande macchina militare, messa al servizio dell’oligopolio bancario.

Arriviamo al 2008: il fallimento della Lehman Brothers minaccia di far crollare il gigante americano AIG, un istituto assicurativo “sistemico”. Alan Greenspan, allora governatore della Federal Reserve, alza la cornetta del telefono e chiama Henry Rodgin Cohen, presidente dello studio S&C. Nessuno più di lui può denudare salvare il gigante bancario in difficoltà. Infatti ne è l’architetto!

Servitù volontaria

Alcuni dicono che sarebbe sufficiente uscire dalla NATO, dall’Unione Monetaria Europea e dall’Unione Europea, per conquistare la felicità.

Dimenticano di precisare che la “servitù volontaria” della Francia nei confronti di queste tre entità non è che l’espressione di una servitù nei confronti dell’oligopolio bancario installato a Londra e a New York, la sottomissione che il candidato alla presidenziali francesi Jacques Cheminade fu il solo a denunciare, durante la campagna del 2012. Se vogliamo davvero risolvere la crisi che ci attanaglia, dobbiamo agire al giusto livello. Fate vostra la nostra storica battaglia.

Per approfondire

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