di Jonathan Tennenbaum, Executive Intelligence Review, Vol. 10, N. 4, February 1st, 1983

La mia intenzione è di compiere, ottenendo un modello geometrico semplice, una sintesi delle nozioni di onda d’urto e di ordinamento armonico dello spazio. Questo articolo pone in risalto la scelta iniziale dell’approccio adottato a questo punto delle nostre ricerche.

L’ordinamento armonico dello spazio è a tutti gli effetti la traduzione in termini quantitativi dei modi con cui l’universo appare ai sensi. Ne è un esempio il classico argomento di Keplero: le orbite concesse ai pianeti sono limitate a un insieme discreto di possibilità. L’onda d’urto deve dunque corrispondere al “quanto d’azione” tramite il quale l’universo si muove da un ordinamento armonico ad un altro.

La forma più semplice di ordinamento armonico è quella definita dalla divisione della circonferenza tramite poligoni regolari iscritti. In quei termini di riferimento, per esempio, come potrebbe un’onda d’urto essere vista come caratteristica del processo di trasformazione di un pentagono in un esagono?

Figura01

Per familiarizzare con questa scelta iniziale di enunciare così il problema, considero innanzitutto le divisioni della circonferenza come un problema di topologia. In particolare, penso alle divisioni della circonferenza come se venissero generate da un’”onda” su tale circonferenza.

Questo equivale a considerare curve chiuse su un toro (Figura 2) [nome dato alla superficie di un solido simile a una ciambella con il buco, forma ripresa nella costruzione dei tokamak, reattori di fusione nucleare, NdT].

Figura02

Dal punto di vista della topologia, le curve chiuse su un toro sono quantizzate, cioè distinte in base al numero di avvolgimenti: il numero di volte con cui si avvolgono sulla superficie toroidale in un singolo ciclo completo. Tale numero, dunque, corrisponde al numero di divisioni della circonferenza del cerchio corrispondente, il numero di cicli completi dell’onda in ogni orbita completata. In topologia, due curve con lo stesso numero di avvolgimenti sono equivalenti, nel senso che ciascuna può essere deformata con continuità fino ad assumere la forma dell’altra.

Consideriamo nuovamente, ma da questo punto di riferimento, il problema sollevato dalla proposta di trasformare un pentagono in un esagono. Come possiamo concepire un’onda d’urto che possa compiere la trasformazione discontinua necessaria per cambiare una data curva in una curva con un numero superiore (o inferiore) di avvolgimenti?

A titolo di illustrazione, consideriamo un esempio semplice. Consideriamo quello equivalente di una curva flessibile sull’esterno di un cilindro (Figura 3a).

Figura03

Immaginiamo che questa curva flessibile sia formata da un nastro di gomma inizialmente posto lungo la superficie, parallelamente all’asse del cilindro. Pensiamo quindi allo stiramento di questo nastro di gomma per avere un’idea della deformazione della curva. In prima approssimazione, questa curva deformabile ha un numero di avvolgimenti pari a zero (0). Il problema considerato, quello del trasformare un pentagono in un esagono, deve dunque essere considerato come quella di trasformare la Figura 3a in Figura 3b, le cui curve hanno un numero di avvolgimenti pari a uno (1).

Nel caso più semplice scelto come illustrazione, richiediamo che una “trasformazione d’onda d’urto” trasformi la curva a “zero divisioni” in una curva che giri intorno al cilindro una volta.

Propongo il seguente processo: deformiamo la curva in un traiettoria percorsa per la prima parte del cilindro in senso orario e per la seconda parte in senso antiorario. Il numero di avvolgimenti è ancora zero. Immaginiamo allora che un processo simile a quello di un’onda d’urto, tramite il quale la prima parte della curva sia “compressa” fino a che, con la formazione di un fronte d’urto, essa sia fusa in un circonferenza che interseca la parte restante della curva (Figure 4a, 4b, 4c, 4d, 4e e 4f).

Figura04

Ne risulta (Figura 4f) una particella, rappresentata dal cerchio, cioè qualcosa che la determina, come singolarità localizzata sull’asse del cilindro, e abbiamo anche una curva che avvolge il cilindro una volta, in senso antiorario. Potremmo pensare che questa curva possa rappresentare il campo associato a questa determinazione della particella, cioè – coerentemente a quanto esposto prima – “generato” dalla particella. Ora è possibile descrivere la proiezione su un piano parallelo all’asse del cilindro di questo processo ondulatorio quantificato da numeri complessi (Figure 5a…5f). Identifico la linea d’intersezione nella Figura 5f come quella che corrisponde alla “delta” di Leibniz.

Figura05

La ripetizione generale di questo processo genera un numero di avvolgimenti arbitrario, accompagnato da un numero di particelle corrispondente al dato numero di avvolgimenti.

Se una particella è “slegata”, il numero di avvolgimenti ritorna al valore 1. Un processo simile può essere usato per far decrescere il numero di avvolgimenti di una curva, creando “anti-particelle” nella forma di avvolgimenti chiusi compressi percorsi nel senso opposto. Oppure, si possiamo cominciare con un qualunque numero di avvolgimenti e creare una “coppia” (matematicamente analoga alla coppia elettrone-positrone nella produzione di coppie sperimentalmente osservata) di singolarità opposte, ma lasciando inalterato il numero complessivo di avvolgimenti.

In questo modo, possiamo costituire un grezzo modello di alcune caratteristiche tipiche dei fenomeni quantistici (Figure 6a…6f).

Figura06

Quattro note su questa costruzione

1) Identificando la nozione di compressione con un’onda d’urto, si deve pensare al modo in cui la forma originariamente liscia del fronte di un’onda prima che entri in transizione (cioè prima di essere onda d’urto) venga compressa fino appunto ad assumere la forma di un’onda d’urto (Figura 7).

Figura07

Mi riferisco alla costruzione del “modello di superficie rigata” della generazione dell’onda d’urto acustica discusso sul numero del 7 dicembre 1982 dell’EIR [LaRouche, “Che cosa sono le onde d’urto economiche?”]. È facile modificare quella versione del principio dell’onda d’urto acustica per ottenere un processo per il quale una forma d’onda: (a) sarebbe compressa con continuità fino a divenire una singolarità (Figura 8); (b) questo processo dovrebbe essere espresso nei termini di un’onda quantificata con numeri complessi, e dovrebbe essere definito in modo che soltanto i circoli di un certo tipo fossero compressi, mentre altri sarebbero conservati tali. Deve essere scritto ancora molto su questo ultimo punto. È interessante notare le somiglianze tra questi generi di singolarità creati per la compressione appena indicata e le “funzioni delta” introdotte da Dirac nella formulazione della meccanica dei quanti.

Figura08

2) Si potrebbe obiettare a questo modo di vedere i processi quantistici, dicendo che la trasformazione sopra descritta coinvolge ancora un tipo di deformazione continua, mentre i fenomeni quantistici reali vengono considerati dei salti da una configurazione armonica a un’altra, senza altro nel mezzo. Si potrebbe obiettare anche, che nel processo di formazione della compressione, la forma dell’onda venga distorta, oltre la forma regolare corrispondente a un poligono regolare. Le premesse di un tale obiezione sono però fatte cadere una volta che il processo sia visto dal punto di vista relativistico.

Partiamo dal presupposto che l’immagine del processo sopra definito corrisponda al punto di vista di un osservatore “esterno” all’universo (visuale). Questo osservatore vede una deformazione e una compressione continua di un cerchio fino a ottenere una singolarità circolare. Un altro osservatore “interno” vede la questione in modo differente, nella misura in cui l’osservatore interno dipende dall’onda stessa per definire la sua metrica visiva.

Enunciamo nuovamente la questione con l’aiuto di un esempio più semplice (Figura 9).

Figura09

Un “osservatore esterno” potrebbe vedere il poligono inscritto in una circonferenza come nella Figura 9a, mentre un “osservatore interno” la cui visione è determinata in modo che le linee limitate dai vertici siano diritte e di uguale lunghezza, “vedrà” la stessa costruzione della Figura 9b.

In questo esempio l’osservatore interno “vede” un salto completamente discontinuo da una curvo sinusoidale con N oscillazioni in una con N+1 oscillazioni, senza altro nel mezzo. Soltanto nel momento della formazione della singolarità l’osservatore interno osserva un cambiamento nei termini della sua metrica. La dinamica del cambiamento appartiene a un molteplice [una varietà, per i matematici italiani, N.d.T.] non immediatamente osservabile nei termini dell’interno della metrica adottata dall’osservatore (la relazione con la “delta” di Leibniz può così essere notata).

In questo articolo mostro come gli elementi fondamentali della teoria speciale della relatività possano essere derivati dalle costruzioni in termini di onde e interferenze di onde. Questo, dico, può essere ottenuto senza fare appello a nozioni aprioristiche di “corpo rigido”, di “sistema di coordinate in moto”, o di “orologi”. Le onde in sé sono usate per definire la metrica “visiva” nel molteplice (varietà).

3) L’uso di onde complesse nell’anzidetta costruzione è cruciale. Nei termini delle onde a valori reali, non vi sono ostacoli alla deformazione continua di una curva reale con N avvolgimenti in una curva con N+1 avvolgimenti. Considerando d’altra parte eliche, che sono funzioni d’onda complesse su un cilindro o su un toro, si ottiene un principio topologico intrinseco che conduce alla quantizzazione richiesta. Questo è un passaggio chiave nel modo essenziale in cui i numeri complessi appaiono sia nella trattazione di Schroedinger sia nella altre formulazioni della meccanica dei quanti.

4) Nel caso fisico più semplice, quello dell’atomo di idrogeno, la lunghezza d’onda di de Broglie di un elettrone al livello energetico E è data da

Equazione_01_Lambda

ove me è la massa a riposo dell’elettrone ed e è la sua carica. Poiché la circonferenza corrispondente all’N-esima orbita è

Equazione_02_2pi_pN

l’onda di de Broglie divide il circolo d’orbita in N parti uguali, cioè ha il numero N di avvolgimenti. In questo senso, i livelli di energia quantizzata dell’idrogeno corrispondono alle divisioni determinate dal poligono regolare della circonferenza. Possiamo pensare all’onda d’urto come a all’azione di luce incidente sull’atomo di idrogeno e alla particella che accompagna il salto, dal livello N al livello N+1, come al rappresentante di un fotone catturato. Quando l’atomo si diseccita i fotoni catturati sono “slegati” e riemessi.

Una costruzione sintetico-geometrica
per la teoria speciale della relatività

La formulazione di Minkowski della teoria della relatività speciale nei termini di una metrica iperbolica di uno spazio quadridimensionale riduce la teoria della relatività ad un principio geometrico semplice e bello. Questa formulazione, tuttavia, presenta una carenza, che pare triviale matematicamente, ma che è di fondamentale importanza concettuale. Benché il contenuto fisico della relatività speciale sia basato sulla coerenza di tutti i fenomeni fisici con la propagazione delle onde luminose, Minkowski non comincia con la nozione di un’onda. Invece di scegliere la nozione di un’onda come radice della sua formulazione, egli costruisce le proprie argomentazioni partendo dal presupposto dell’esistenza assiomatica di un punto astratto nello spazio. Il presupposto implicito impone sin dall’inizio un paradosso onda-particella.

Nel gruppo di lavoro costituito da Lyndon H. LaRouche, Jr. per elaborare il suo metodo analitico di previsione economica, il metodo LaRouche-Riemann, è diventato abituale seguire la sua politica di rifiutare qualunque costruzione che dipenda da presupposti ereditati dalla geometria assiomatica. LaRouche, Uwe von Parpart ed altri insistono sulla edificazione di tutte le costruzioni matematiche dalle premesse di stretta aderenza al metodo associato alla geometria sintetica di Jacob Steiner. Il fine pratico di questa scelta è di evitare con precisione la classe di errori ontologici del tipo citato nel caso di Minkowski.

Come hanno dimostrato Niccolò Cusano, Steiner ed altri, i punti matematici e le linee rette non hanno un’esistenza assiomatica indipendente; piuttosto, essi sono esistenze geometriche derivate propriamente dall’unica e vera esistenza primitiva nella geometria piana, il cerchio, poiché il cerchio è definito dal noto teorema topologico elementare. Per mezzo della derivazione, ovvero della definizione della “linea retta” e del punto dal punto di vista del cerchio, una classe pervasiva di errori formali viene sradicata dalle costruzioni matematiche. Così, in questa sede, ho intrapreso un riesame del problema di Minkowksi dallo stesso punto di vista rigoroso.

Propongo di ricostruire lo spazio di Minkowski, usando la nozione di onda come ente elementare. Le interferenze tra onde, corrispondenti alla piegatura e alla intersezione di cerchi, definiscono le linee di universo e gli iperpiani di tipo spaziale. Le oscillazioni o “frequenze” delle onde determinano la metrica del tempo, le loro lunghezze d’onda la metrica dello spazio.

Come mi auguro che indichi la seguente sintetica esposizione delle mie costruzioni, l’idea porta a una derivazione assai semplice delle principali caratteristiche della relatività speciale. Ciò evita la grande mistificazione del soggetto introdotta dagli ambienti associati a Bertrand Russell. In questo approccio, le relazioni di de Broglie, che collegano l’energia e la quantità di moto di una particella alla frequenza ed alla lunghezza d’onda di una corrispondente “onda materiale”, nascono come immediate conseguenze della costruzione. Ciò è un risultato felice, nella misura in cui de Broglie fondò le sue previsioni originali in merito alle onde materiali su una semplice considerazione interna alla relatività speciale. Questa connessione, che è sottolineata nel mio approccio, è stata ampiamente sottovalutata, nonostante il fatto che de Broglie l’avesse enfatizzata ripetutamente nei suoi primi scritti.

In primo luogo, presento la costruzione geometrica, quindi discuto la sua base empirica. Nulla di essenziale è perduto, considerando qui soltanto uno spazio monodimensionale, al posto del tridimensionale.

Comincio con un piano, che rappresenta il molteplice (varietà) spazio-temporale, e con una cilindro infinitamente esteso. Facendo rotolare il cilindro sul piano, definisco un’onda stazionaria complessa. In questo modo, ad ogni luogo del piano corrisponde una posizione su una circonferenza; in particolare, il punto al quale una circonferenza di riferimento, tracciata sul cilindro, tocca il piano nel momento in cui il cilindro vi passa sopra (Figure 10a, 10b, 10c).

Figura10

In altre parole, è la rotazione, o numero complesso, richiesta per far rotolare il cilindro da una data orientazione di riferimento all’orientazione che ha il cilindro quando passa sopra quel luogo. Le linee sul quale il cilindro tocca il piano durante il rotolamento sono i “fronti” dell’onda, le linee di ugual fase.

Successivamente, introduco un altro cilindro, e lo faccio rotolare sul piano lungo una differente direzione, generando così una seconda onda stazionaria complessa nello spazio-tempo. Ciò definisce un secondo insieme di fronti d’onda paralleli, che rende costante un angolo con le linee definite dalla prima onda.

Procediamo come segue per definire due insiemi di luoghi, le “linee d’universo” e le linee di natura spaziale. Le prima, le linee d’universo, sono definite come i luoghi delle intersezioni di linee di ugual fase, definite da due cilindri mentre rotolano in avanti a partire da un punto iniziale di posizionamento (Figura 11a e 11b).

Figura11

Le seconde linee di natura spaziale, sono definite come i luoghi delle intersezioni delle linee di ugual fase, definite dai due cilindri, mentre uno rotola in un senso, l’altro all’opposto, o viceversa, partendo da un data posizione iniziale (Figura 12).

Figura12

In una tale costruzione, le linee d’universo corrispondono al rafforzamento delle due onde (interferenza costruttiva), mentre le linee di natura spaziale corrispondono alla loro cancellazione (interferenza distruttiva).

Le due onde, che coincidono lungo le linee d’universo, definiscono il “tempo” per tali linee. Una oscillazione, corrispondente a una rotazione dei cilindri, sarà l’unità di tempo. Sulle linee di natura spaziale, un’oscillazione di entrambe le onde, che hanno fase opposta lungo tali linee, definisce l’unità di lunghezza. Osserviamo nella Figura 13 un “parallelogramma elementare” definito dal rotolamento di ciascun cilindro per un solo giro completo in avanti a partire dalle date posizioni.

Delle due diagonali, una è una linea d’universo e l’altra una linea di natura spaziale. La loro intersezione definisce un punto d’universo, un evento accaduto in un determinato punto dello spazio e del tempo. La linea di natura spaziale corrisponde ai punti d’universo considerati come simultanei al punto d’intersezione, e la linea d’universo corrisponde al futuro e al passato di questo “luogo” o “posto” definito dal punto d’universo.

Figura13

Seguendo tutti i punti d’universo tutti insieme sulla linea di natura spaziale, cioè traslando questa linea nella direzione della linea d’universo, rileviamo che le due onde si propagano lungo la linea di natura spaziale in versi opposti, con frequenza unitaria e lunghezza d’onda unitaria (Figura 14).

Abbiamo così definito la questione nei termini delle due onde iniziali. Ora prendiamo in considerazione altri due cilindri. Le taglie di questi cilindri addizionali sono determinate in modo che la circonferenza del primo dei nuovi cilindri sia minore (o, rispettivamente, maggiore) della circonferenza del primo della coppia di vecchi cilindri nella stessa proporzione in cui la circonferenza del secondo dei vecchi cilindri è minore (o, rispettivamente, maggiore) di quella del secondo cilindro nuovo. In altre parole, le taglie dei due nuovi cilindri sono proporzionate in modo che il prodotto delle loro circonferenze sia uguale al prodotto delle circonferenza dei cilindri vecchi. In parole ancora diverse, l’area del nuovo parallelogramma elementare generato dai nuovi cilindri sarà uguale all’area del parallelogramma elementare generato dai vecchi.

Figura14

Ripetiamo con i nuovi cilindri le stesse costruzioni, facendoli rotolare sulle stesse direzioni. Otteniamo in questo modo due nuove onde complesse, i cui fronti sono paralleli ai vecchi, ma in questo caso sono cambiate le lunghezze d’onda (Figura 15).

Le nuove onde generano un nuovo insieme di linee d’universo e di linee spaziali, con metriche di spazio e di tempo definite in modo che le nuove onde abbiano frequenza e lunghezza d’onda di valore unitario nel nuovo sistema.

Figura15

È ora facile paragonare questi due sistemi, il vecchio e il nuovo, per derivare la trasformazione di Lorentz, l’effetto Doppler, ecc. Visualizziamo questo fatto con l’aiuto di due parallelogrammi elementari, quelli della Figura 16.

Questo diagramma mostra la deformazione del tempo per differenti linee d’universo. Occorre un “secondo di tempo A” affinché la linea d’universo B passi dal punto R al punto P. Tuttavia, è in un “secondo di tempo B” che B arriva al punto ulteriore Q. Ecco che relativamente al tempo di A, l’orologio di B cadenza più lentamente.

Figura16

La corrispondenza tra onda e particella proposta da de Broglie diventa una questione semplice da definire in questi termini di riferimento.

Se la suddetta linea d’universo B rappresenta il moto di una particella di massa normalizzata unitaria, allora il sistema corrispondente di linee di natura spaziale rappresenta i fronti d’onda dell’onda di de Broglie associata a tale particella. La frequenza e la lunghezza d’onda di de Broglie lungo un’arbitraria linea d’universo e una linea spaziale vengono determinate in virtù della richiesta che l’onda di de Broglie abbia frequenza unitaria lungo la linea d’universo della particella (Figura 17).

Questa è l’idea originale di de Broglie. La particella è pensata come un fenomeno oscillatorio localizzato, e l’onda di de Broglie è scelta affinché sia costantemente in fase con l’oscillatore-particella.

Figura17

Nei termini di riferimento empirici, la precedente costruzione può essere enunciata in modo nuovo, come segue.

Date due onde luminose di frequenza arbitraria, che si propagano lungo una linea con versi opposti, la linea d’universo corrispondente è definita dal moto di un osservatore al quale appaia che le onde abbiano lo stesso colore. Presumiamo che esso sia il giallo, ad esempio. Nello spostarsi sul nuovo insieme di onde, l’osservatore vede uno spostamento in un verso, verso il rosso, e nell’altro verso, verso il blu.

Il nuovo osservatore, definendo le nuove linee d’universo, deve muoversi relativamente al vecchio osservatore in modo da vedere nuovamente gli stessi colori uguali. In virtù del proporzionamento delle frequenze che avevamo prescritto nella nostra precedente costruzione, il colore uguale deve essere il giallo.

Le vibrazioni luminose stesse definiscono gli “orologi” di questi osservatori. Le lunghezze d’onda apparenti della luce, così come sono determinate dalle misure d’interferenza compiute dagli osservatori, definiscono i loro “righelli di misura”. La costanza della velocità della luce non è una legge dell’universo, ma il prodotto del modo in cui viene definita la metrica.

Quanto di ciò è tautologia matematica, e quanto è un fatto empirico? È vero per ogni sistema oscillante, e specialmente per i sistemi limitati che tornano periodicamente alle loro configurazioni iniziali, che tali sistemi rimangono “in sintonia” con l’orologio-luce. Si dà il caso che tutti i corpi rigidi, come i cristalli, si comportano come se i propri interstizi fossero determinati dalle figure di interferenza della luce. Ciò equivale ad affermare che tutti i sistemi fisici sono coerenti con l’ordinamento armonico dello spazio-tempo, e che l’ordinamento armonico dello spazio-tempo è espresso dalla propagazione della luce.