Il seguente articolo è stato pubblicato dalla rivista cinese China Invest, e consiste nell’intervento di Helga Zepp-LaRouche, presidente dello Schiller Institute, nell’ambito del Forum Belt and Road a Pechino.

Benché quasi tutti fossero inizialmente contrari alla iniziativa cinese Belt and Road (Una Cintura, Una Via, BRI), o si limitassero a tacerne l’esistenza, di recente molti ambienti americani hanno mostrato un cambiamento di atteggiamento. A esclusione di quelli più cocciutamente neoconservatori, i pensatoi americano hanno cominciato a esprimere un proprio parere sulle enormi possibilità di fare affari per le imprese americane con la Nuova Via della Seta. Questa tendenza si è resa evidente soprattutto dopo il vertice, efficace benché tenuto in circostanze assai difficili, tra il Presidente cinese Xi Jinping e il Presidente americano Trump a Mar-a-Lago, in Florida.
Il più ovvio dei tanti ambiti di tale cooperazione sarebbe, naturalmente, il collegamento tra l’iniziativa cinese e il programma infrastrutturale da 1 miliardo di dollari che fu tra le promesse elettorali di Trump e che dovrebbe essere presentato in questo mese. Affinché ciò si realizzi, occorre superare alcuni ostacoli.

Le carenze infrastrutturali americane, dovute a decenni di disinvestimenti di lungo periodo, sono tra questi. A esclusione di coloro che hanno potuto visitare la Cina di recente, nessun americano ha idea di quanto sia arretrato il substrato infrastrutturale americano rispetto a quello cinese. Il TAV tra Washington e Boston (736 km) in realtà procede a una media di 105 km/h e soltanto alcune porzioni del percorso si possono raggiungere i 145 km/h. La Cina, invece, possiede ora 13 mila km, cioè 50 volte tanto, di ferrovie a vera alta velocità! Le strade sono in condizioni pericolose e indegne. I ponti e le fogne pure. Per viaggiare in auto da Washington a New York si devono pagare circa 115 dollari di carburante e pedaggi autostradali.

La Società Americana degli Ingegneri Civili ha stimato a una sua recente conferenza che il fabbisogno di investimenti nelle infrastrutture arrivi a quasi 4,5 migliaia di miliardi di dollari. Non v’è alcun modo di finanziare questi ammodernamenti ricorrendo al mercato privato dei capitali, come hanno fatto sapere alcuni suoi rappresentanti a un recente incontro con Trump, se si intende ottenere un interesse annuo attorno al 12% e un rientro delle somme investite entro dieci anni. Un altro problema è dato dall’idea che le infrastrutture dovrebbero essere finanziate tramite uno schema successivo di pedaggi, che al massimo potrebbe funzionare in regioni densamente popolate, ma non ovunque. L’idea, pure, che vi debba essere un ritorno finanziario immediato, esprime un’assoluta incomprensione della funzione delle infrastrutture al servizio dell’economia in generale.

La qualità e la densità delle infrastrutture rappresenta una precondizione della produttività di un’economia nazionale, e un’economia moderna richiede un 50% circa di spesa pubblica nell’espansione e nell’ammodernamento delle infrastrutture, in quanto la vita media delle varie categorie di elementi infrastrutturali è compresa tra i venti e i cinquant’anni. Una seria pianificazione urbanistica prevederebbe un’integrazione delle ferrovie veloci, delle vie d’acqua, delle autostrade, delle centrali di produzione energetica e delle infrastrutture di distribuzione, dei sistemi di comunicazione e delle cosiddette “infrastrutture morbide”, cioè dei sistemi sanitari e scolastici, ecc. Con lo sviluppo tecnologico e la produttività di uno spazio economico aumenta l’importanza della velocità e dell’efficienza dei trasporti e della densità delle infrastrutture in generale. I vari livelli della produzione dei beni finali e dei semilavorati, infatti, operano assieme come in un macchinario sofisticato ogni parte ha il proprio ruolo a fini di una funzione armoniosa. Il ritorno di un investimento infrastrutturale, pertanto, è misurato in realtà dall’incremento della produttività dell’intera economia e il suo finanziamento non può essere alla mercé degli investitori privati, ma deve anzi essere di responsabilità dello Stato, il quale è impegnato alla promozione del bene comune dell’economia nazionale.

Se il Presidente Trump chiedesse semplicemente al Congresso di finanziare il programma infrastrutturale tramite il bilancio federale, incontrerebbe la stessa opposizione dei democratici e di parte dei repubblicani che già gli hanno impedito di affossare l’Obamacare. Se la Cina e gli altri investitori stranieri, d’altra parte, investissero semplicemente per mezzo del mercato privato di capitali, ammesso e non concesso che ciò possa avvenire, questi investimenti sarebbero potenzialmente esposti alle fluttuazioni del mercati.

A causa di politiche decennali di ricorso alla manodopera di nazioni a buon mercato, il settore americano della manifatture manca di catene produttive, il che costituisce un altro impedimento. La Cina, d’altra parte, è dotata di tali catene produttive e gode anche di un’ampia esperienza nella costruzione di infrastrutture moderne, maturata non soltanto al proprio interno, ma anche in cooperazione con altre nazioni.

La Cina, pertanto, potrebbe non soltanto aiutare le città che maggiormente necessitano di trasporti moderni (New York, Los Angeles, Boston, Chicago, San Francisco e Washington D.C.), ma anche favorire la replica di quanto sta facendo in casa propria, ovvero i collegamenti tra molte città importanti con ferrovie ad alta velocità. Per una regione come quelle compresa tra New York, New Jersey e Filadelfia, per esempio, avrebbe senso un programma come quello realizzato nella regione compresa tra Pechino, Tianjin e Hebei, riducendo notevolmente lo spreco di ore giornaliere impiegate per gli spostamenti dalle zone residenziali alle zone di lavoro. Mentre occorrono soltanto cinque ore per coprire le 800 miglia tra Pechino e Shanghai con una velocità media di 298 km/h, per andare da New York a Chicago occorrono 19 ore!

Gli Stati Uniti trarrebbero vantaggi anche dalla costruzione di nuove città, che potrebbero essere situate nelle regioni scarsamente popolate del centro. Esse potrebbero essere dapprima delle cittadelle scientifiche, centri di ricerca ed educativi, oppure fabbricate in associazione a particolari progetti infrastrutturali, come quelli di gestione idrica necessari alle regioni secche del Sud-Ovest. Uno di questi progetti, in attesa dai tempi di Kennedy, è il NAWAPA, recentemente aggiornato per le necessità del XXI secolo.
Un simile ammodernamento dell’economia americana potrebbe di riflesso consentire delle esportazioni nel mercato cinese in espansione, fatto di una classe media di circa 900 milioni di individui che beneficiano di un repentino aumento del potere di acquisto, reso possibile dalle riforme strutturali adottate dal governo cinese. Nel 2016 il volume degli scambi bilaterali tra Stati Uniti e Cina era già pari a circa 520 milioni di dollari e quello degli investimenti bilaterali assommava a 170 milioni. Nell’ultimo decennio le esportazioni americane in Cina sono cresciute dell’11% e gli investimenti cinesi negli Stati Uniti del 5,6%. Il potenziale di crescita di queste categorie è enorme, a fronte di una simile connessione delle due economie complementari.

Una cooperazione sino-americana del genere non si limiterebbe, naturalmente, agli scambi bilaterali, ma si estenderebbe a joint venture ovunque nel mondo in una prospettiva di mutuo sviluppo per soddisfare gli enormi bisogni di infrastrutture, agricoltura e sviluppo industriale del mondo. Con l’enorme potenziale di evoluzione della Belt and Road nel Ponte Terrestre Mondiale proposto nel 2014 dallo Schiller Institute, in un futuro non molto remoto si potranno avere treni ad alta velocità dal cono meridionale dell’America Latina fino all’America Settentrionale, e, attraverso lo Stretto di Bering fino alla rete di trasporti eurasiatica. Questa evoluzione permetterebbe agli Stati Uniti di unirsi alle potenze emergenti, il cui baricentro è l’Oceano Pacifico. Questo processo, pure, richiederebbe un grande miglioramento dei corridoi ferroviari dell’Alaska e del Canada e una loro espansione fino alle reti presenti negli Stati Uniti.
Una simile prospettiva comprendente all’incirca 40mila miglia di moderne ferrovie elettrificate, la metà delle quali ad alta velocità, significherebbe anche investimenti enormi nella produzione industriale, per poter fornire beni e materiali necessari, e nell’educazione e nell’istruzione della manodopera specializzata che sarà necessaria. In particolar modo, per l’educazione dei giovani si potrebbe ritornare all’esempio dei Corpi Civili di Conservazione del tempo del Presidente F. D. Roosevelt, i quali contribuirono in modo significativo a liberare gli Stati Uniti dalla Depressione degli anni Trenta. Roosevelt definì il suo programma la “massima mobilitazione in tempo di pace cui la nazione abbia mai assistito”. Fu creata infatti per ovviare alle gravi carenze nell’educazione e nell’addestramento della gioventù, che nell’America di oggi si associano alla grande diffusione di tossicodipendenza e di crimini a essa legati.

Al vertice di Mar-a-Lago, Xi Jinping e Donald Trump hanno deciso di istituire quattro dialoghi permanenti, uno dei quali sui temi economici. Il gruppo di esperti coinvolti potrebbe cominciare a esplorare immediatamente gli spazi di adesione degli Stati Uniti all’iniziativa “Una Cintura, Una Via”.

La funzione preminente del concetto di adesione americana a tale iniziativa sarà tuttavia quello di ispirare tutto il popolo riguardo il futuro, un futuro migliore per le generazioni a venire, un elemento che è venuto a mancare negli ultimi decenni. Servirà anche a dimostrare che la promessa del Presidente Trump di rendere l’America grande ancora una volta non è in contraddizione con gli interessi delle altre nazioni, anzi: che la cooperazione al mutuo sviluppo metterà in movimento il mondo verso una nuova epoca della civiltà umana. Se le due massime economia del pianeta lavorassero assieme in questo modo, nessun problema su questa Terra risulterebbe irrisolvibile.

Se si studia la teoria economica che è alla base del grande miracolo economico cinese degli ultimi trent’anni, si trova che la politica economica di Pechino si basa sull’educazione dei cittadini in coerenza con il principio confuciano dell’imparare per tutta la vita e con l’innovazione, due elementi che sono assai prossimi ai principii economici del Sistema Americano di Economia Politica, sviluppati in primo luogo da Alexander Hamilton, John Quincy Adams, Henry Clay, Henry C. Carey e Abramo Lincoln. Tutti questi uomini compresero che la fonte più importante della ricchezza di una nazione è lo sviluppo delle capacità creative dei cittadini. Essi, pertanto, disposero un sistema economico che le potenziasse, esattamente allo scopo di catalizzare i massimi margini di progresso scientifico e tecnologico e di innovazione.

Desta un certo fascino il constatare che il vero padre spirituale della Repubblica Americana, Benjamin Franklin, si ispirasse ai testi confuciani, dai quali derivò la convinzione che la nobilitazione morale dell’individuo fosse la chiave imprescindibile del miglioramento sociale. Franklin vi fondò il proprio sistema di insegnamento morale, che divenne decisivo nel determinare lo spirito di fondazione degli Stati Uniti d’America. Anche tra il Presidente Lincoln, più tardi, e il padre fondatore della Cina vi fu una simile prossimità intellettuale.

La collaborazione lungo la Nuova Via della Seta dovrebbe quindi assumere una dimensione culturale e, esattamente come per l’antica Via della Seta, portare a uno scambio di conoscenze artistiche e di filosofia. Dovrebbe essere così affinché le ottime tradizioni e la massime espressioni di umanità delle culture partecipanti potessero progredire e, nel fare ciò, i popoli scoprissero bellezze inaspettate nelle altre culture e questa consapevolezza portasse all’ammirazione delle stesse, e all’apertura a nuovi orizzonti. Siamo alle soglie di un’epoca in cui le comunità potranno avere un vero futuro condiviso. Se il Presidente Trump e il Presidente Xi Jinping si stringeranno la mano per dare il via a questa collaborazione, passeranno alla storia per aver ricondotto l’umanità al suo vero destino.