Nella mattinata dell’11 settembre, Lyndon LaRouche è stato intervistato da Jack Stockwell della radio K-TALK a Salt Lake City. Al momento di andare in onda cominciavano ad essere diffuse le notizie dell’attacco alle Torri Gemelle, che hanno dato spunto ad una preziosa riflessione a caldo. Riportiamo di seguito solo alcune citazioni dell’intervista…

LaRouche: I fatti a cui si assiste e il contesto in cui ciò sta accadendo costituiscono due aspetti distinti. Innanzitutto i sospetti ora si appunteranno su Osama bin Laden; il suo nome sarà ripetuto continuamente, che vi siano o non vi siano elementi per motivare i sospetti. L’altra cosa, che non è senza nessi rispetto alla questione di Osama bin Laden, è il festival terroristico in programma per Washington D.C. alla fine del mese (la calata dei “no global”, ndr.).

Occorre guardare al processo globale, in cui il sistema finanziario sta crollando. Un fenomeno del genere costituisce sempre un grande pericolo. Dato che tutto il sistema è scosso alle fondamenta, dal crollo finanziario si passa ai fatti politici, perché varie forze cercano di intervenire ed orchestrare gli avvenimenti con interventi spettacolari, che finiranno per distogliere l’attenzione del pubblico da una cosa per appuntarla su un’altra. Non voglio trarre delle conclusioni affrettate, ma è certamente qualcosa di molto malvagio a determinare questi eventi. Si tratta di capire che c’è un nesso; basti considerare i fratelli Goldsmith: il primo, lo scomparso Jimmy Goldsmith, ha svolto un ruolo importante nel creare Osama bin Laden e forze di quel tipo, come ad esempio i Talebani. Ma al tempo stesso suo fratello, Teddy Goldsmith, che è vivo e vegeto, è una sorta di padre spirituale del movimento [no global] che si prepara a calare su Washington.

Stockwell: Si prepara a compiere misfatti su scala molto maggiore rispetto a quello che fecero a Seattle.

LaRouche: Proprio così … [LaRouche spiega come il movimento di Seattle sia composto da una base di protesta, che comprende i sindacati, e un nuclero di terroristi veri e propri].

Poi c’è stata la conferenza di Porto Alegre in Brasile, che Teddy Goldsmith ha personalmente presieduto. Da lì sono andati a Genova, dove l’aspetto terroristico ha assunto una dimensione più ampia. Da quello che so, per Washington si prepara qualcosa di peggio. Si punta a sfidare l’integrità della capitale di quella che è la nazione più potente del mondo, una potenza nucleare.

Stockwell: E’ giunta ora la notizia che secondo la FBI si tratta di un aereo probabilmente dirottato. Se si riesce a fare una cosa del genere con il World Trade Center, non si potrà forse fare altrettanto con la Casa Bianca?

LaRouche: Certo e me ne sono già preoccupato in passato. Il rischio per la nazione e per il mondo è enorme. Si tratta di cose che possono essere impedite, ma non lo si fa. C’è qualcuno a cui va bene che accadano cose del genere.

Stockwell: Lei come impedirebbe le attività terroristiche?

LaRouche: Innanzitutto occorre capire che il terrorismo non è un fenomeno costituito da certe persone sconosciute sul conto delle quali non sa niente nessuno. Se si capisce come funziona il mondo si capisce anche che non si possono allestire tutti i preparativi di un attentato in un dato paese senza il sostegno di ambienti governativi, di uno o più governi. Se ci rendiamo conto dell’entità dell’operazione – e da tempo denuncio le operazioni di Teddy Goldsmith perché so quali sono i risvolti politici della questione – Se fossi stato il Presidente, o in una posizione di governo, in questo periodo avrei condotto delle discussioni con altri governi in altre parti del mondo, con tanta discrezione, ma avrei cercato di arrivare a prendere quelle misure appropriate per neutralizzare il pericolo terroristico. Sebbene una certezza assoluta in queste questioni non si possa mai pretendere, avrei fatto però un buon lavoro. Ma adesso qui abbiamo a che fare con più aerei, è una cosa enorme.

Stockwell: Quali sono i motivi per cui lei presume la presenza di un fattore di portata maggiore di un Osama bin Laden?

LaRouche: Osama bin Laden è un fattore che qualcuno controlla. Non è un fattore indipendente. Basta pensare a come è emerso. Era un riccone saudita, all’epoca dell’amministrazione Carter – che è forse meglio chiamare l’amministrazione Brzezinski – negli Settanta. Brzezinski promosse l’idea di sobillare una guerra sui confini sovietici con l’Afghanistan, un’operazione geopolitica. La responsabilità è la sua, anche se non ha agito direttamente sul campo. Tutto cominciò con un’unità anglo-americana in combutta con una sezione delle forze armate Pakistane. Forze di governo americane ed inglesi, insieme ad altri, cominciarono a reclutare tra gli islamici, convincendoli che bisognava combattere il comunismo e difendere l’Islam. Questo era il senso generale. Reclutarono in diversi paesi e li misero in campo. Successivamente poi finirono per assassinare alcuni di quelli che avevano reclutato, perché li consideravano “usa e getta”.

Osama bin Laden fu uno dei grandi finanziatori di quei reclutamenti, fu usato come canale di finanziamento da varie forze, compreso l’allora vice presidente George Bush senior. Questa è storia e si chiama Iran-Contra. Poi, improvvisamente riemerge questo Osama bin Laden, il cui nome diventa famoso. Ma lui non potrebbe andare in giro così come fa se non godesse di grosse protezioni. E non soltanto da ambienti governativi Pakistani o Afghani, ma piuttosto da altri governi a cui fa comodo avere qualcuno con cui prendersela. Poi magari ad un certo punto gli manderanno qualcuno che lo assassina e si potrà così dire che il problema è risolto una volta per tutte. Così non ci si pone il problema dei mandanti: chi ha creato bin Laden e chi lo ha protetto, chi lo ha sfruttato a proprio vantaggio. Come abbiamo visto nel terrorismo che colpì l’Italia negli anni Settanta, coloro che gestivano i cosiddetti terroristi non erano le formazioni a cui venivano attribuite le responsabilità dei misfatti. In realtà, compresi quelli che uccisero l’ex Primo ministro Aldo Moro, erano elementi di organizzazioni NATO sfuggiti al controllo, ad alto livello. Quindi, in casi come questi non bisogna credere che i nomi che corrono sulla bocca di tutti, o che sono riferiti dalla FBI, siano davvero il problema reale. Forse sono solo una parte del problema.

[…]

Stockwell: […] Ma perché schiantare un’aereo contro il World Trade Center?

LaRouche: E’ per creare una provocazione dentro gli Stati Uniti. E’ l’unica ragione per una cosa del genere. Probabilmente ora verranno fuori con le storie dei gruppi arabi che protestano contro le simpatie del governo USA per Sharon e per le forze armate israeliane. Non so se queste forze domani assassineranno Sharon, perché ci sono dei dissidi tra loro, e quelli talvolta sparano ancor prima di pensare. Ma non si deve credere che il periodo in cui ora siamo entrati sia all’insegna del terrorismo. Il terrorismo è una parte dell’intero complesso. Il periodo in cui siamo entrati è piuttosto all’insegna della “destabilizzazione”. Dal mio punto di vista prendo innanzitutto in considerazione il nostro governo. Occorre tener conto che siamo ancora una superpotenza, anche se il termine non è più appropriato nella situazione in cui ci troviamo. Ma resta il fatto che siamo sempre stati una superpotenza ed abbiamo ancora una posizione predominante sulla scena mondiale. Ma che caspita di governo abbiamo? Guardiamo ai personaggi che compongono l’amministrazione Bush, sono proprio patetici. George Bush non fa niente di niente, come avevo previsto il 3 gennaio. Niente di ciò che lui ha proposto ha avuto una qualche efficacia, ciò che è riuscito a fare non serve comunque a niente. Ha bisogno di un gruppo di consiglieri che gli dicano bene come affrontare le situazioni, ma non ce l’ha. […]

Stockwell: Leggo una dichiarazione del Presidente Bush. Si è impegnato a assicurare che i terrorsti siano consegnati alla giustizia. Ha parlato con il governatore di New York e li porteranno di fronte alla giustizia. E ha aggiunto che Dio benedica le vittime. Mi pare un po’ tardi…

LaRouche: Ha sbagliato. Doveva dire: “Naturalmente andremo fino in fondo, e il problema deve essere affrontato nel più appropriato dei modi”. Dire invece che il problema si risolve consegnando qualcuno alla giustizia è la cosa peggiore che si possa dire. […]

Se io fossi adesso il Presidente, avrei agito prima che una cosa del genere potesse accadere. Avrei ricercato la cooperazione della Russia, della Germania, della Francia e dell’Italia. Avrei persino ottenuto la collaborazione di certe forze in Inghilterra. E mi sarei rivolto anche al Giappone ed alla Cina, ai paesi arabi, soprattutto l’Egitto. Una volta tutti riuniti avrei fatto in modo che si chiarisse che siamo tutti concordi su questa questione oppure no, perché queste cose non debbono succedere e tutti insieme dobbiamo metterci daccordo per non farle succedere. […]

Ricordate ciò che fece Roosevelt. Lui si candidò alla Presidenza dopo che Coolidge aveva lasciato in eredità un disastro alla presidenza Hoover. Cominciò la sua campagna rivolgendosi ai “forgotten man”, ai dimenticati. Poi, una volta Presidente, si rivolse agli americani con il tema “non c’è niente da temere se non la paura stessa”. E’ fondamentale, perché oggi i cittadini sono in preda alla paura, il mondo attorno a loro è troppo confuso. Quindi cercano di negare la crisi, sono in uno stato di diniego. Vorrebbero credere che domani cominci il rimbalzo, la ripresa, che il NASDAQ domani esca dalla fossa e cominci la ripresa. Un miracolo. Ciò di cui la popolazione ha ora bisogno è di essere riassicurata, ha bisogno di sapere che c’è qualcuno al timone, che chi sta al timone sa quello che sta facendo, che sa come risolvere la situazione, e che sa rivolgersi alla popolazione americana per chiederle il sostegno necessario in questa situazione. Questo potrebbe funzionare; invece, andare in giro a dire che adesso ci vendichiamo, digrignare i denti e abbaiare, non è da statista. E’ da buffoni.

[…]

Più avanti nell’intervista giunge la notizia che un terzo aereo ha centrato l’edificio del Pentagono.

LaRouche: A questo punto c’è da chiedersi che cosa fanno gli enti preposti alla sorveglianza. Evidentemente adesso il bersaglio è Washington, come temevo da tempo. Inoltre è qualcosa che dovrebbe implicare degli sviluppi in Medio Oriente. Questo significa che o ci troviamo di fronte a vera e propria incompetenza o ad un “addomesticamento” dell’intero apparato della sicurezza, perché cose del genere non possono accadere a meno che l’apparato di sicurezza non sia un pasticcio completo. Quindi qualcuno che era responsabile della sicurezza in effetti non è stato affatto responsabile. Non si può sostenere che qualcuno vada in giro a dirottare un’aereo dopo l’altro in maniera così coordinata. Non è possibile. Qualcuno non è stato all’altezza dei propri doveri.

Stockwell: […] E’ cominciato tutto quando Sharon fece la passeggiatina sulle scale che portano al Monte del Tempio…

LaRouche: Il problema non è Sharon. Lui ha fatto quello che ha fatto ma non gestisce l’operazione. Quelli veramente pericolosi sono nelle Forze di Difesa Israeliane, e Sharon a confronto di alcuni di loro è quasi una persona civile. Temo addirittura che finiscano per ucciderlo, come un pretesto per ricorrere alle armi di distruzione di massa contro Bagdad, Damasco o Teheran.

Stockwell: Si tratta delle stesse forze dietro l’assassinio di Rabin?

LaRouche: La stessa gente, certo. Anche se c’è gente negli Stati Uniti che non fa che alimentare il problema. Poi c’è anche il risvolto dell’operazione nel mondo arabo. Ci sono le stesse persone che reclutano e gestiscono i fanatici in Israele, da una parte, e che dall’altra reclutano anche nel mondo islamico preparando così i fanatici islamici. E’ così che sfregando i due bastoncini accendono il fuoco.

[…]

Stockwell: Il suo consiglio, che c’è altro da temere se non la paura stessa, sicuramente tocca profondamente chiunque ora è in ascolto. Posso immaginare che adesso la gente dica “Il Presidente deve ordinare immediatamente la legge marziale”, ed è la cosa peggiore che si possa pensare.

LaRouche: Certo, è la cosa peggiore per la sicurezza degli Stati Uniti. Fare una cosa del genere sarebbe il massimo dell’imbecillità.

Stockwell: Quale dovrebbe essere la risposta nelle prossime 24-48 ore?

LaRouche: Spero che qualcuno sia abbastanza intelligente da rivolgersi a me. Ci sono persone che possono essere convocate per costituire un gruppo speciale, capace di consigliare il presidente e le altre istituzioni del governo. Questo ci consentirebbe di stabilire una collaborazione informale con altri governi, ed è questa cooperazione informale che ci assicura il funzionamento della cooperazione formale.

[…]

Un radioascoltatore: Temo che si finisca col dichiarare la legge marziale. Mi pare già di sentirli dire che è ora di dire basta.

LaRouche: Sarebbe la fine degli Stati Uniti. Questo è il momento di mantenere la calma. Non voglio trarre conclusioni prima di considerare tutti i fatti, anche se i fatti confermano le mie analisi.

Stockwell: […] Lei crede che il governo americano possa fare la follia di rispondere a questo attacco con una guerra?

LaRouche: Purtroppo, potrebbe anche esser tanto stupido.

Stockwell: E a chi sparerebbero?

LaRouche: Mah, per loro la cosa principale è reagire.

Stockwell: Rinnoverebbero i bombardamenti su Baghdad in una dimensione ancora maggiore rispetto al passato?

LaRouche: Farebbero in ogni caso delle sciocchezze, reagirebbero perché sentono che debbono reagire. Vede, il problema è che in passato avevamo dei criteri che corrispondevano alla realtà fisica, ovvero alle nostre attività industriali, agricole, alla scienza. Per cui la popolazione vedeva le cose in maniera realistica, con il realismo dell’imprenditore, dell’agricoltore moderno, dell’ingegnere, ecc. Corrispondentemente venivano selezionati i nostri governanti. Adesso purtroppo le cose stanno in maniera diversa. Ad essere proprio franco fino in fondo, abbiamo avuto due idioti come candidati alla Presidenza fino al 7 novembre scorso. […] E la gente se li è sorbiti. Uno squilibrato e uno sprovveduto sono stati l’unica alternativa disponibile per occupare il posto di Presidente degli Stati Uniti. […] Adesso la gente ha perso un patrimonio, sono andati in fumo decine di trilioni di dollari, complessivamente, con il crollo di questo sistema. […] C’è gente che ha perso i risparmi che aveva investito nella speranza di sbarcare il lunario o di avere una pensione decente. C’è una bolla immobiliare pronta per scoppiare. Questi sono i problemi reali, ma nessuno vi ha prestato la dovuta attenzione. Guardate ai giornali, ai massmedia in generale, quante sciocchezze raccontano. Che pretendete? La popolazione americana ha perso il senso della realtà, e di conseguenza i suoi leader non vogliono neanche sapere che cosa sia la realtà. Vivono nel mondo delle fantasie, e questo adesso è molto pericoloso. Occorre mantenere la necessaria freddezza, ma ho paura che a prendere le decisioni siano davvero quelli che adesso si trovano al potere.

[…] Dopo aver consultato gli altri paesi, come ho detto, occorre dire agli americani: “Non tolleriamo una situazione del genere, che minaccia di protrarsi ancora. Noi insieme ad altre nazioni abbiamo deciso di cooperare per mettere questa situazione sotto controllo” […] E’ responsabilità del Presidente. Non occorre dichiarare lo stato d’emergenza, perché in tal modo si attivano dei meccanismi indesiderati. Il presidente ha il potere necessario per prendere le decisioni che occorrono. […] Tutto quello che deve fare è telefonare a Putin, e sono sicuro che Putin sarà disponibile, dopodiché si uniranno gli altri paesi, con i quali si costituisce una sorta di comitato di consultazione, e così si lavora per mettere fine a questo spettacolo, che sta minacciando di uscire da ogni controllo.

[…] Quello che può succedere, nei prossimi giorni, è che se il Presidente degli Stati Uniti, con il sostegno della popolazione, prenderà le decisioni sbagliate, il mondo diventerà un’inferno. Questo è il nodo da sciogliere. Se il Presidente e quelli che gli stanno attorno si lasciano prendere dal panico, e reagiscono senza riflettere, sarà davvero la fine. […]