Il vertice dei BRICS tenutosi in Sud Africa può utilmente paragonato alla Conferenza di Bandung del 1955, che riunì le nazioni africane e asiatiche per la prima volta senza la presenza delle ex potenze coloniali. La differenza rispetto a quella lontana iniziativa è che i BRICS ora rappresentano non soltanto la maggioranza della popolazione mondiale, ma anche la metà dell’economia produttiva del pianeta, oltreché esprimerne i più alti tassi di crescita nel mondo.

Gli sviluppi del vertice, assieme agli incontri bilaterali e multilaterali congiunti tra i dirigenti politici delle nazioni e i dirigenti delle istituzioni del “Sud del Globo”, hanno palesato l’esistenza del Nuovo Paradigma. Questo vertice non è stato governato da una nazione specifica, bensì dal concetto e dallo spirito della Nuova Via della Seta, innescata dall’iniziativa del Presidente cinese Xi Jinping nel 2013; il vertice ha riunito anche capi di stato dell’America Latina; le cosiddette “nazioni in via di sviluppo” si sono riunite per trasformare il mondo tramite lo sviluppo economico, imitando l’opera cinese, la quale ha impiegato pochi decenni per porsi in posizione di guida a livello mondiale in molte categorie dello sviluppo infrastrutturale e delle ricerche scientifica e industriale, mentre sollevava dalla povertà qualcosa come settecento milioni di individui.

Un risultato ragguardevole del vertice è nella sue dedizione alla causa dell’Africa, che necessita di un balzo per liberarsi dalle condizioni di povertà e sottosviluppo che le sono state imposte dalle potenze coloniali. La Cina e l’India hanno concordato di lavorare assieme nel portare la propria esperienza scientifica e tecnologica al cosiddetto Continente Nero. La Russia intende “illuminare l’Africa” per mezzo dello sviluppo delle tecnologie di produzione e trasmissione dell’energia elettrica, capeggiate dal settore nucleare; l’approccio di “costruzione dal nulla” dovrebbe fornire corrente elettrica a seicento milioni di africani ancora sprovvisti.

Il secondo potere contrapposto al primo, quello del sistema occidentale, è in una crisi epocale. L’Unione Europea sta implodendo sia politicamente sia economicamente, perlomeno in gran parte delle nazioni aderenti. Il sistema finanziario stesso è un’enorme bolla speculativa pronta a sgonfiarsi. Il vertice tra il nuovo Primo Ministro Giuseppe Conte e il Presidente americano ha spaventato gli oligarchi dell’UE, allarmati per la possibilità che questo “asse” italo-americano possa drasticamente ridimensionare il rilievo assunto dall’alleanza franco-tedesca, i cui rappresentati politici sono screditati davanti alla propria nazione e in seno all’UE stessa. Già al primo incontro tra i due, durante il G7 di giugno, Trump aveva informato gli altri partecipanti dalla loro irrilevanza, senza la presenza della Russia.

In considerazione di questa situazione strategica, rimane una domanda: che strada prenderanno gli Stati Uniti? Benché Trump abbia insistito sulla necessità di rapporti di amicizia con Russia e Cina e di rifiutare categoricamente qualunque ulteriore guerra per il “cambiamento di regime”, e abbia annunciato la ricostruzione delle infrastrutture americane, come possiamo essere sicuri che manterrà le promesse?

Kesha Rogers, candidata al Congresso con il sostegno del LaRouche PAC, è intervenuta sulla questione con una dichiarazione dal titolo “L’approccio della Cina all’Africa mostra come si possa far cessare la povertà negli Stati Uniti”. Afferma che questi “soffrono per gli alti indici di povertà, suicidi e dipendenza da droga, per il declino delle infrastrutture economiche di base e per la mancanza di risparmi e fondi in vista del futuro. Nel corso degli ultimi trent’anni, mentre gli Stati Uniti sperimentavano il collasso accelerato dell’economia fisica, la Cina costruiva un miracolo economico per contrastare la povertà di centinaia di milioni di individui tramite progetti mirati e strategie adattate ai problemi specifici delle città e delle regioni coinvolte. Ciò non ha funzionato soltanto in Cina, ma in tutto il mondo, in particolare in Africa. Lo sviluppo rapido dell’economia fisica, attraverso la costruzione di corridoi ferroviari di sviluppo e l’ammodernamento dei porti marittimi, sta nella sostanza smontando le politiche deliberate di colonialismo, guerra e rovina economica dell’impero britannico”.

In conclusione, Kesha Rogers, propone agli Stati Uniti di seguire “questo modello ora adottato in Africa con l’aiuto della Cina e delle nazioni del gruppo BRICS […] per trasformare le nostre neglette comunità, poste in rovina dalla negligenza criminale, in esempi di crescita e prosperità”. Ecco il modo, scrive, di raggiungere gli obiettivi fissati dal Presidente Trump, che si è “riproposto il ripristino e l’espansione delle infrastrutture americane ora decadenti, e il miglioramento dei rapporti con la Russia e con la Cina, oltreché con altre nazioni importanti del mondo”.

Kesha Rogers non si limita a questo. Riferendosi al nuovo rapporto tra Trump e il neoeletto Presidente messicano Obrador, all’insegna della sostituzione del trattato NAFTA, propone che il nuovo accordo sia chiamato “Una Cintura, Una Via per l’America Settentrionale” (NABRI, North American Belt and Road Initiative), echeggiando l’altro nome della Nuova Via della Seta. Gli Stati Uniti possono partecipare a pieno regime a questa sorta di branca della Belt and Road Initiative, ora coinvolgente oltre cento nazioni, dedicandosi in particolar modo allo sviluppo del Messico e dell’America Latina, oltreché di sé stessi. Creando le premesse per lo sviluppo economico e l’occupazione produttiva, in questo i due presidenti concordano, si potrà risolvere la questione dei migranti messicani e sciogliere il Messico dal controllo del cartello dei trafficanti di droga.

Ritorniamo in sostanza alla proposta di Lyndon LaRouche dell’accordo tra le “quattro potenze” (Russia, Cina, India e Stati Uniti d’America), aperto alla collaborazione di altre nazioni sovrane, strumento adatto alla soppressione del potere imperiale a livello mondiale e all’affermazione del Nuovo Paradigma per l’umanità.
(foto ufficiale della Casa Bianca, di Andrea Hanks).