Il 23 luglio Massimo Lodi Rizzini è stato sentito come esperto di MoviSol contro il TTIP in un’audizione delle Commissioni congiunte Industria, Agricoltura e UE al Senato.

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Ecco il testo del suo intervento:

Onorevoli Senatori,

da oltre 20 anni la “globalizzazione” viene da più parti indicata come la nuova strada che renderà ricche e felici terre e popolazioni nel mondo, definendo questa impostazione come una novità, come l’evoluzione migliore dei sistemi precedenti di coesione tra genti in territori definiti. Ma osservando la storia, ci rendiamo conto che i “vasti territori” che al loro interno erano formati da nazioni e popolazioni diverse e che consentivano il transito libero di merci e capitali, altro non erano che gli imperi, e che gli imperi altro non erano e sono, che un insieme di un ristretto gruppo di oligarchi che detiene il potere. In un determinato periodo la formazione degli Stati Sovrani ha tolto potere a questi interessi di pochi, li ha controllati con i confini e con i dazi, con le dogane, con le tariffe e con sistemi più o meno raffinati di credito pubblico, controllato da parlamenti costituiti da rappresentanti eletti dai cittadini.

Il sistema oligarchico alla base dell’impero nasce e si consolida nel momento in cui una minoranza elitaria vuole affermare i propri privilegi contro la maggioranza della popolazione, e questa minoranza esercita il proprio dominio controllando la finanza, i commerci, le produzioni e le materie prime, con leggi e accordi che legittimano questo sopruso, questi saccheggi, queste pratiche che tendono a privare sempre più gente della libertà, della dignità e delle ricchezze del proprio territorio, come è ben evidente in 40 anni di declino causato dal liberoscambismo in tutto l’Occidente, che da produttore di ricchezza fisica si è trasformato in società di consumo a debito, a partire dal 1971.

Al contrario, il principio del sistema repubblicano mira al massimo sviluppo delle capacità creative dei cittadini e nella storia fu per la prima volta codificato da Solone, il saggio legislatore di Atene.

Nella politica dell’Unione Europea questo principio non solo è totalmente assente, ma ogni sua minima manifestazione viene aspramente contrastata con richieste di sempre maggiore cessione di “sovranità” originariamente intesa a difesa del bene comune.

Da chi nasce la moderna teoria del libero scambio? Adam Smith era un impiegato della famigerata Compagnia delle indie britannica che nel 1776, l’anno stesso della Dichiarazione d’Indipendenza americana (dall’impero britannico), scrisse la sua “Ricchezza delle Nazioni”, un attacco esplicito contro le volontà della nascente repubblica di dotarsi di manifatture e di infrastrutture. In questa opera, Smith raccomanda agli Stati di non intervenire nella vita economica e di lasciare giocare le leggi della concorrenza – la «mano invisibile» dei mercati -, non ignorando che le manifatture americane non avrebbero potuto, già dal loro avvio, fare concorrenza ai prodotti finiti dell’Inghilterra. Adottando un tale sistema, gli Stati Uniti non avrebbero avuto che la sola risorsa di produrre delle materie prime e lasciare la forza manifatturiera all’Impero britannico. Si trattava dunque per Smith di proporre all’America di restare in stato di dipendenza economica simile a quella che già conosceva prima della guerra; in altri termini, mantenere il colonialismo sotto un’apparenza repubblicana. Quindi, è gioco facile alle potenze colonialiste, i “mercati”, togliere potere e prerogative legislative agli Stati per poter continuare a dominare i traffici commerciali e finanziari che non solo consentono una enorme ed ingiusta concentrazione di ricchezze, ma che soprattutto consentono il controllo della libertà e della felicità altrui.

Anche in epoca moderna, dalla fine del secondo dopoguerra, possiamo notare che dove la civiltà è stata costruita con investimenti pubblici nelle infrastrutture – investimenti resi possibili e protetti dal principio dello Stato Sovrano e da accordi tra gli Stati, l’umanità ha tratto gran beneficio potendo contare e facendo parte di processi produttivi e tecnologici sempre più avanzati capaci di creare grande ricchezza fisica, ben superiore alla ricchezza monetaria necessaria alla loro realizzazione, permettendo così un aumento netto della ricchezza disponibile per tutti – mentre là dove il principio repubblicano dello Stato Sovrano non è stato applicato, e mi riferisco alle colonie e post-colonie africane per esempio, il dominio dei “mercati” ha impedito lo sviluppo della civiltà e la creazione di ricchezza diffusa. Eppure in termini di risorse naturali e strategiche, il continente africano è infinitamente ricco, ma a causa delle pratiche liberiste e liberoscambiste, la popolazione non ne ha goduto affatto, anzi, come è evidente in questi ultimi anni, le multinazionali spingono decine di milioni di disperati all’emigrazione per cercare un minimo di dignità umana che nelle loro ricchissime terre viene loro negata da sempre, dall’interesse di pochi che sono gli imperi, che sono i “mercati” – La City e Wall-Street.


Ricordate le radici storiche dei “trattati” di libero scambio, vediamo adesso che cosa questi trattati hanno prodotto laddove già applicati da tempo, ad esempio il trattato di libero scambio NAFTA. Nel 1994 si creò tra Stati Uniti, Messico e Canada un unico mercato per la libera circolazione di beni e investimenti. A distanza di vent’anni possiamo dire che l’effetto principale dell’accordo è stato proprio quello di favorire lo spostamento di numerose grandi aziende statunitensi verso il Messico, dove hanno stabilito i loro impianti produttivi nelle regioni più vicine al confine. Si tratta di vasti parchi industriali che sono stati al centro delle polemiche in entrambi i Paesi per via delle condizioni lavorative prossime allo schiavismo. Gli scambi sono sì aumentati, e di molto. Ma il benessere non ne è seguito. Se confrontiamo per esempio il livello del commercio tra gli Stati Uniti e il Messico vediamo una grande crescita negli ultimi vent’anni.

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Secondo la teoria liberoscambista avrebbe dovuto provocare un aumento della ricchezza; ma il reddito reale delle famiglie è rimasto piatto.

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È anche incontrovertibile il forte calo del lavoro manifatturiero negli Stati Uniti, che hanno perso oltre 5 milioni di posti di lavoro negli ultimi vent’anni. Infatti è difficile negare che i benefici della grande liberalizzazione dei mercati NON si siano visti per buona parte della popolazione, negli Stati Uniti e anche in Europa, dove dall’inizio degli anni Novanta si va essenzialmente nella stessa direzione.

A questo punto viene naturale chiedersi: perché si vuole andare avanti con una politica che non funziona? La risposta si trova su due livelli: quello dei benefici per i grandi operatori economici e finanziari, e quello dell’imperativo geopolitico di consolidare i rapporti all’interno del mondo occidentale.

La perdita dei posti di lavoro produttivi rappresenta un danno per la popolazione, ma qualcuno ne beneficia: per esempio le grandi società che hanno fatto della delocalizzazione uno stile di vita. Pagare i lavoratori italiani costa tanto; adempiere alle normative sulla sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro è oneroso. Dunque i profitti aumentano considerevolmente quando si sposta la produzione in Paesi più poveri e meno regolamentati (che esistono anche in Europa).

Inoltre i negoziati sul TTIP e accordi simili mirano a rimuovere delle barriere che per alcuni impediscono di fare profitti, ma per altri tutelano la specificità e le caratteristiche nazionali. Occorre chiedersi però chi trarrà più beneficio dall’armonizzazione delle regole e dalla riduzione delle barriere: approfittare del mercato più libero sarà senz’altro più facile per le grandi multinazionali.

Quei Paesi in cui sono diffuse le imprese più piccole, meno capitalizzate, e con costi di lavoro più alti, si troveranno invece in difficoltà a competere nel nuovo contesto. Gli accordi di questo tipo non mirano a tutelare le diversità, ma piuttosto ad agevolare la penetrazione dei mercati da parte di grandi produttori, che non a caso sono coinvolti nei negoziati con i loro rappresentanti. Questi aspetti sono alla base del dibattito pubblico sul TPP anche negli Stati Uniti. Nelle ultime settimane infatti il presidente Obama si è sentito costretto a difendere i negoziati di fronte ai crescenti attacchi da parte di leader democratici e sindacali, che ricordano proprio lo squilibrio degli interessi che vengono tutelati da accordi di libero scambio.

Il fronte dell’opposizione è guidato dalla senatrice Elizabeth Warren, nota per le sue bordate contro Wall Street e in favore della legge Glass-Steagall, che è sempre più popolare proprio per via della sua tenacia nel contrastare i grandi interessi finanziari e che infatti sfida Obama chiedendo: “se il TPP sarà positivo per i lavoratori e i consumatori americani, perché non si rendono pubblici i documenti?”

La “Nato economica” Il fattore forse più importante nella spinta a siglare il nuovo accordo tra l’Europa e gli Stati Uniti non è di natura strettamente economica, ma geopolitica. Infatti il TTIP viene visto come un tassello fondamentale per rafforzare l’alleanza strategica transatlantica. Si parla esplicitamente della creazione di una “Nato economica”.

Perché invocare l’alleanza militare creata per contrastare l’Unione Sovietica? Perché le multinazionali occidentali vedono con preoccupazione l’avanzata economica e strategica dei BRICS, la temono perché i BRICS sono una alleanza tra Stati Sovrani interessati a collaborare in base ad accordi che tengano presente il rispetto comune e il vantaggio dell’altro, In altre parole, delle intese tra le nazioni sovrane con l’obbiettivo che ciascuna di esse si sviluppi appieno, considerando come proprio interesse lo sviluppo degli altri e viceversa.

I BRICS collaborano tra di loro, il liberoscambismo invece ci porta a “competere” gli uni contro gli altri, un atteggiamento che in natura è tipico degli animali, mentre gli esseri umani possono e devono collaborare nel reciproco rispetto e interesse. E poco importa a chi “compete” se l’umanità soffre a causa di queste conseguenze che spingono tutto verso il basso, dai salari, ai diritti, alla qualità, alla giustizia, alla libertà, tutto tranne che i guadagni di pochi.

Infatti un argomento poco citato, ma molto forte contro il TPP, che si applica anche al Trattato Transatlantico, è che esso taglierà ogni accesso alle medicine vitali per almeno mezzo miliardo di persone. Questo perché le sue disposizioni costringeranno i paesi a prolungare la durata dei monopoli sui farmaci di marca delle principali società farmaceutiche, i cui prezzi sono altissimi, rendendo molto più difficile la produzione e il commercio del farmaco generico corrispondente.

Questo aspetto è stato sottolineato fin dal gennaio scorso dai Medici Senza Frontiere, che avevano ricevuto un’anteprima dei documenti allora super segreti.

Il Movimento Solidarietà (MoviSol) pertanto invita a rifiutare il trattato TTIP in difesa della civiltà, della dignità umana, dell’economia e del principio repubblicano che naturalmente tutela l’interesse dei più e lo difende dagli attacchi speculativi di chi si arroga il diritto di controllare merci, servizi, produzione e popoli.

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