Nell’ambiente tossico della politica americana odierna, è facile perdere di vista la battaglia vera che viene combattuta dagli ambienti finanziari e politici, responsabili dell’attacco alla presidenza di Donald Trump e del tentativo di destituirlo con un golpe. La vera questione di fondo, quale sia l’esito del voto il 6 novembre, resta quella di “guerra o pace”.

Se i golpisti otterranno quello che vogliono, con la maggioranza del partito democratico al Congresso disporranno dei numeri per avviare un procedimento di impeachment o comunque per legargli le mani, e una guerra contro la Russia e/o contro la Cina diventerà un pericolo concreto.

Per contrastare il partito della guerra, Trump ha fissato una serie di vertici dopo le elezioni, a partire da quello con Vladimir Putin a Parigi l’11 novembre e con Xi Jinping alla fine del mese, al G20 di Buenos Aires, dove potrebbe incontrare Putin nuovamente. Nei comizi Trump ha spiegato agli elettori che i due vertici sono stati fissati per rafforzare la collaborazione coi due leader. Il suo incontro con Putin a Helsinki fu “eccellente”, ha detto, e ha dimostrato la possibilità di cooperare su svariate questioni. Tuttavia, vi sono stati segnali contrastanti da Washington sui trattati per il disarmo.

Quanto alla Cina, nel corso di una lunga conversazione telefonica la scorsa settimana, Trump e Xi hanno discusso l’importanza di andare oltre le ritorsioni sui dazi e optare per un ampio accordo, che potrebbe includere un significativo coinvolgimento americano nell’Iniziativa Belt and Road. Subito dopo, Trump ha confermato che i rapporti con Xi sono “ottimi”.

Il Presidente americano pianifica anche un incontro con il Presidente nordcoreano Kim prima della fine dell’anno, per consolidare i progressi fatti al vertice di Singapore, che hanno dimostrato che la diplomazia funziona quando l’approccio è quello del mutuo beneficio.

Disgraziatamente, i media dominanti non parlano di questa agenda diplomatica che promette di ridurre le tensioni e sviluppare una proficua collaborazione tra ex o presunti avversari, e si limitano ad attaccare Trump a prescindere, nell’ambito di quella che è diventata ormai una sacra missione: tentare di destituirlo.

L’ultima accusa che hanno inventato è quella secondo la quale Trump userebbe messaggi razzisti in codice per portare il Paese verso la guerra civile. È ironico che i media come il New York Times, che lodò Hitler dopo la sua presa di potere negli anni Trenta, abbiano la faccia tosta di accusare Trump di agire come un “fascista”.

Come sottolinea il LaRouchePAC, il pericolo di guerra rende imperativo denunciare il tentato golpe a Washington come un’operazione britannica contro il popolo americano. Tale denuncia, unita ai vertici imminenti, potrebbe avviare un nuovo percorso per il futuro, qualunque sia l’esito del voto del 6 novembre.