L’attuale politica della NATO consiste, oltre all’espansione in Europa orientale e nella regione Asia-Pacifico, nel favorire un “cambiamento di regime” a Mosca e defenestrare Vladimir Putin. Questa è l’intenzione dietro la crisi ucraina, le sanzioni economiche contro la Russia e i passi per l’espansione militare della NATO, per non menzionare gli infantili tentativi di umiliare personalmente il Presidente russo.

Come nel classico gioco del “chicken game”, i leader occidentali calcolano che i russi saranno costretti a cedere prima che scoppi una guerra vera e propria. Ma i russi lo hanno capito, come dimostra una dichiarazione del ministro degli Esteri Lavrov, nel corso di un intervento al Consiglio di Politica Estera e di Difesa a Mosca il 22 novembre, in cui ha parlato del tentativo occidentale “di fare il gioco del coniglio con la Russia, per vedere chi cede per primo”.

Putin ha ripetutamente segnalato che non è disposto a cedere, per cui l’occidente sta scherzando col fuoco, col rischio di provocare una guerra termonucleare. Questo pericolo è stato accresciuto dal licenziamento del segretario alla Difesa USA Chuck Hagel la scorsa settimana.

Oltre alla situazione in Medio Oriente, i vertici militari USA sono allarmati dalla situazione ucraina. Pur mantenendo chiari canali di comunicazione con Mosca, fonti del Pentagono confermano che la crisi ucraina ha eroso la fiducia costruita negli scorsi due decenni di collaborazione militare, e l’animosità personale nutrita da Obama verso Putin peggiora le cose.

Nelle ultime settimane, sia Putin che Lavrov hanno denunciato con frequenza quella che considerano una guerra asimmetrica, e cioè la politica che tende a provocare un cambiamento di regime con le cosiddette “rivoluzioni colorate”. La scorsa settimana, Putin ha trascorso due giorni con i vertici militari e il ministro della Difesa Shoigu per passare in rassegna la modernizzazione a lungo termine delle forze strategiche russe.

Nel frattempo, la NATO continua a premere verso est, mentre il governo di Porošenko a Kiev promuove apertamente la fine al suo status di “non allineato”, chiedendo l’ingresso nella NATO. Il tema è talmente scottante che persino i più anti-russi tra i leader europei hanno detto che ciò non avverrà. Altri paesi NATO, come Polonia e Lituania, hanno annunciato l’intensificazione della collaborazione militare con Kiev, aggravando la crisi sul fronte occidentale russo.