Parigi è stata colpita con orrore. Le stragi sono state commesse alla cieca, per sconvolgere il nostro Paese. Con la stessa barbarie e gli stessi metodi impiegati in Medio Oriente, in Libano, in Iraq, in Israele o in Siria.

Sei attentati simultanei nel cuore della nostra capitale e quello dello stadio, con lo scopo di moltiplicare le vittime, gli ammassi di cadaveri nelle strade, trasformare i ristoranti in obitori, le ambulanze in corsa a sirene spiegate: una strategia del terrore pianificata con grande attenzione, per far capire che il peggio può accadere ovunque nel mondo.

La nostra reazione deve essere all’altezza della sfida. Non dobbiamo avere paura della paura stessa, poiché la paura ispira delle reazioni di follia, che si aggiungono alla prima follia. Gestire la paura, d’altra parte, si può fare ma non nella passività o nel diniego; si fa guardando le cose in faccia, nel nome della verità. Soltanto la battaglia per la verità permette di sfuggire al laccio emostatico dell’angoscia.

La proclamazione dello stato di emergenza e la chiusura delle frontiere, annunciata dal Presidente della Repubblica, e il dispiegamento delle forze di polizia e militari, sono le misure immediatamente necessarie, poiché siamo in guerra. Restare uniti e fare fronte comune, nel nome dei valori della Repubblica iscritti nella nostra Costituzione è una richiesta immediata indispensabile.

Ciononostante, occorre risalire alla cause prime, senza le quali l’orrore si riprodurrà e si estenderà. Ciò significa che occorre creare un mondo nel quale l’ambiente nazionale e quello internazionale non siano più criminogeni, come lo sono oggi. Poiché non si può sfuggire al male con la semplice repressione, ma soddisfacendo le condizioni per le quali il bene gli lasci sempre meno spazio.

Sono le guerre della NATO, le ingiustizie economiche e la distruzione delle condizioni di vita degna che hanno portato al contesto del terrorismo. Al pari delle politiche ciniche e criminali del “divide et impera”, che seguono la matrice imperiale britannica, alla quale nulla veramente si è opposto nella nostra regione transatlantica.

Così, per arrestare l’orrore è necessario un cambiamento assoluto di direzione, da parte della politica. Verso un percorso di mutuo sviluppo, una strategia detta anche “win win”, con cui assicureremo ai nostri figli e ai nostri nipoti una vita migliore della nostra; questa è la via annunciata dai dirigenti politici della Cina e dell’India, come unica fonte di pace.

Combattendo nel Medio Oriente tutte le forme del terrorismo, lo Stato Islamico, il Fronte al-Nuṣra e l’Esercito della Conquista, ecc. Oggi a Vienna la Francia deve assumere un ruolo motore nei colloqui pensati per lanciare un processo di pace in Siria, coordinando i nostri sforzi con la diplomazia russa, e non fare il gioco di coloro che prendono la libertà in ostaggio.

Nel Medio Oriente, bisogna colpire l’ISIS al cuore delle sue risorse finanziarie, bombardandone gli oleodotti e colpendo le banche che riciclano le loro risorse, cosa che finora non è stata fatta. Bisogna mettere fine alle complicità coi terroristi da parte del Qatar, dell’Arabia Saudita e degli Emirati, senza riguardi di clientela. Infine occorre, contemporaneamente, ricreare le condizioni dello sviluppo economico in tutti i Paesi della regione affinché i migranti possano trovarvi delle condizioni di vita dignitose, ciò che la Cina ci propone estendendo la sua concezione di una Nuova Via della Seta. In attesa di queste azioni, in tutti i campi per i rifugiati, in coordinamento con le organizzazioni umanitarie internazionali, occorre creare le condizioni di questa dignità, assicurando una sana alimentazione, un controllo sanitario, alloggi provvisori decenti e l’educazione dei fanciulli.

Questa concezione non è russa, cinese, americana o francese; è quella che giustifica l’esistenza di qualunque Stato nazionale: servire la causa dell’Umanità. La Francia dovrebbe occupare il primo posto in questo impegno vitale, e non sottomettersi ai barbari con la tunica, il camicione o in giacca e cravatta.

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Terrorismo in America


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