Il 28 aprile, il primo ministro francese Edouard Philippe ha annunciato la politica di graduale riapertura a partire dall’11 maggio, che, secondo lui, sarebbe giustificata dalla diminuzione del numero di casi di Covid-19. Tuttavia, il governo farà marcia indietro se saranno segnalati più di 3.000 nuovi casi al giorno o se gli ospedali saranno intasati.
Altamente controversa è la decisione di riaprire le scuole, a partire dai nidi e dalle elementari su base volontaria. Ciò va contro il parere della Commissione nazionale per le scienze della Presidenza. Per il resto del sistema scolastico, le decisioni saranno prese più avanti nel mese di maggio. Il blocco, inoltre, terminerà l’11 maggio per la maggior parte dei negozi, mercati e supermercati (esclusi i grandi centri commerciali). Il trasporto pubblico inizierà il servizio quasi al completo, con gli utenti obbligati a indossare mascherine e le relative aziende tenute a organizzare lo spazio all’interno dei veicoli e delle stazioni in modo tale da poter mantenere il distanziamento sociale, che risulterà un incubo a bordo degli autobus e nella metropolitana notoriamente sovraffollata.
Jacques Cheminade, presidente del partito Solidarité et Progrès, si è fortemente opposto alle aperture, per l’assenza di precauzioni sanitarie. In un comunicato stampa dello stesso giorno, ha ricordato di essere stato l’unico leader politico ad aver chiesto apertamente, all’epoca, il rinvio delle elezioni comunali del 15 marzo. Le elezioni si sono svolte comunque, ma ciò che è seguito gli ha dato ragione, poiché il ballottaggio ha dovuto essere annullato a causa della virulenza del Covid-19.
Nella sua recente dichiarazione, Cheminade chiede che le scuole non siano riaperte l’11 maggio. “Questa volta – scrive – sono pienamente d’accordo con il Consiglio scientifico del Presidente della Repubblica che, nella relazione del 20 aprile, resa pubblica il 25, ha proposto di tenere chiusi centri diurni, scuole elementari, scuole medie, licei e università fino al mese di settembre”.
Finché non vi siano abbastanza mascherine disponibili per tutti gli insegnanti e gli studenti, ha spiegato, e la percentuale di tamponi effettuati nella popolazione resterà così bassa (attualmente tre volte inferiore alla media dei paesi dell’OCSE), questi sono “rischi inaccettabili per tutti”. Nel frattempo, Cheminade continua, mentre le scuole sono chiuse, è necessario adottare misure per prendersi cura dei bambini i cui genitori non siano in grado di farlo.
Questo a sua volta pone la questione della revoca generale dell’isolamento. Non si dovrebbe fare, esorta Cheminade, fino a quando non vi fossero sufficienti dispositivi di protezione e di screening per tutti, e fino a quando il sistema ospedaliero non fosse pronto a gestire una possibile “seconda ondata” in modo efficiente.