L’incubo dell’UE si è materializzato il primo giugno, quando il primo governo populista di un Paese dell’Eurozona ha prestato giuramento. Il tentativo di piazzare a Palazzo Chigi un governo tecnocratico guidato da Carlo Cottarelli, ex funzionario del FMI, è fallito quando ci si è resi conto che non avrebbe ottenuto nemmeno un voto al Parlamento. Il nuovo esecutivo mantiene il programma delineato del “contratto” tra i due partner di coalizione, M5S e Lega, e mantiene anche il pomo della discordia con il Quirinale e l’UE, la presenza del prof. Paolo Savona nella squadra di governo. Apparentemente retrocesso agli Affari Europei, è stato però Savona a indicare il suo sostituto al Ministero dell’Economia nella persona del collega Giovanni Tria, che è su posizioni eurocritiche simili, anche se non così esplicite come quelle di Savona. Tria, infatti, non è favorevole all’uscita dell’Italia dall’Euro (non lo è nemmeno Savona se non come ultima ratio), ma non ritiene nemmeno, come Draghi, che la moneta unica sia “irreversibile”. Sembra comunque che Salvini abbia promesso a Savona voce in capitolo nei dossier europei.

Come ha commentato il prof. Michele Geraci – vicino sia al M5S sia alla Lega – in un’intervista per la cinese CGTN, “Tria è un po’ come Savona, forse non così esplicito, ma è qualcuno che può eseguire il mandato della Lega di difendere gli interessi italiani a Bruxelles e Francoforte”, notando che “è positivo il fatto che egli abbia degli interessi in Cina”.

Invero, il nuovo Ministro dell’Economia ha più che interessi in Cina. Non solo parla cinese, ma come preside dell’Università di Tor Vergata ha sviluppato diverse iniziative e progetti in Cina, in particolare nella provincia di Zhejiang, di collegamento tra accademia e industria. “Non si trovano facilmente personalità che abbiano capito la frequenza del sintonia fine con la Cina, e Tria è una di queste”, ha spiegato all’EIR una fonte che lo conosce bene. È naturale che egli trasferisca la sua esperienza al piano dell’azione governativa.

Il governo Conte annovera quattro Ministri che hanno firmato la petizione per la separazione bancaria di MoviSol: Matteo Salvini (Interni), Gianmarco Centinaio (Agricoltura), Lorenzo Fontana (Famiglia) e Giancarlo Giorgetti (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio). Un numero che è destinato ad aumentare con la nomina dei sottosegretari (nella foto l’europarlamentare Marco Zanni e Matteo Salvini con Massimo Richard Kolbe Massaron e la sua petizione per il ripristino della legge Glass-Steagall).

Resta l’interrogativo della politica che i Ministri economici pentastellati Di Maio (Lavoro e Industria), Toninelli (Infrastrutture e Trasporti) e Barbara Lezzi (Mezzogiorno) seguiranno su Grandi Opere e industria. Se si faranno interpreti delle pressioni oltranziste della base contro la TAV e altre infrastrutture, la via della ripresa economica dell’Italia sarà preclusa. Non basta abbandonare l’opposizione alla Torino-Lione o al Quarto Valico, opere già in corso. Si tratta di rilanciare le grandi opere al Sud, nel quadro di quella visione di aggancio alla Belt and Road che abbiamo più volte auspicato in questo bollettino. Se ciò non avverrà, lo stesso futuro del governo sarà segnato.