Il rischio che il virus Covid-19 possa diventare una pandemia mondiale che nemmeno i paesi sviluppati del mondo trans-atlantico sono in grado di controllare sta portando a mettere in discussione il sistema neoliberista. Era ora.

Così, l’impatto negativo sull’economia mondiale delle drastiche misure che la Cina ha dovuto adottare per prevenire la diffusione dell’epidemia, seguita da altri Paesi, potrebbe servire a provocare un sano choc. Ha costretto molti a riconoscere, forse per la prima volta, le vulnerabilità di un sistema, negli Stati Uniti e in Europa in particolare, che ha sacrificato l’economia fisica e il benessere della popolazione, all’ossessione di ottenere il massimo profitto speculativo in un minimo di tempo (in nome del “valore per gli azionisti”), e di portare settori vitali dell’economia produttiva a paesi a basso salario, creando disoccupazione in patria e saccheggiando i lavoratori locali.

Di conseguenza, la sicurezza alimentare è scarsa o nulla, come testimoniano i molti contadini che protestano negli Stati membri dell’Unione Europea, che non riescono a guadagnare abbastanza per garantire il loro sostentamento. Non esiste una sovranità nazionale in termini di filiere industriali o di energia. E molta attenzione è stata data solo di recente al settore farmaceutico, in cui l’Europa dipende per l’80-85% dalle catene di approvvigionamento provenienti dall’Asia, soprattutto dalla Cina.

I monetaristi cercano ora di affermare che l’epidemia è anche la causa del crollo della borsa, ma è un’assurdità, poiché il sistema finanziario è inesorabilmente destinato al crac, a causa della sua stessa dinamica interna.

Questa situazione ha portato un ex fervente sostenitore della globalizzazione in Francia, il ministro delle Finanze Bruno Le Maire, a suonare l’allarme. Ad un incontro tenutosi ad Atene il 25 febbraio, ha definito l’epidemia di Coronavirus “una svolta nella globalizzazione”, che dimostra la necessità di trasferire di nuovo in Francia alcune attività industriali e di garantire una certa indipendenza nelle catene di produzione.

Detto questo, vorremmo mettere in guardia da coloro che chiedono la chiusura delle frontiere nell’illusione di stabilire una sorta di autarchia nazionale. L’aumento dell’interconnessione e del commercio mondiale sono sviluppi positivi, nella misura in cui favoriscono una cooperazione win-win tra le nazioni, come nel caso dell’iniziativa cinese Belt and Road. Ma nulla può sostituire l’alimentazione di base, la salute e la sicurezza industriale.

L’Istituto Schiller, e Helga Zepp-LaRouche personalmente, hanno sottolineato in molti interventi pubblici che, nonostante il rischio di una nuova pandemia, non occorre farsi prendere dal panico. Ci sono soluzioni disponibili, a patto che si invertano le tendenze negative degli ultimi decenni. In un appello lanciato il 27 febbraio, sono state delineate le misure necessarie:

Zepp-LaRouche: è giunta l’ora di adottare le 4 leggi di LaRouche a livello globale