La prospettiva del ritiro delle truppe americane dalla Siria e della fine della politica di guerra permanente, come abbiamo riferito la scorsa settimana, è il risultato di un cambiamento di fase globale e della fine della geopolitica degli ultimi decenni, basata su giochi a somma zero.
Le cosiddette élite occidentali hanno reagito ancor più istericamente ai nuovi sviluppi, fondamentalmente perché il sistema finanziario transatlantico, da cui dipende il loro potere, è avviato verso un crac più grave di quello del 2008.
Il “nuovo paradigma” nei rapporti internazionali si è manifestato nei colloqui tra il Presidente cinese Xi Jinping e il Primo Ministro indiano Narendra Modi l’11-12 ottobre in India. Questo secondo “vertice informale” dei leader dei due giganti asiatici è stato organizzato in modo simile al primo, tenutosi nell’aprile 2018, a Wuhan (Cina): in programma nessun accordo da firmare, nessuna dichiarazione congiunta, nessuna conferenza stampa, in modo che i due leader fossero liberi di discutere tutti i temi desiderati in un incontro a quattrocchi in un ambiente rilassato.
L’incontro è stato seguito da vicino in Russia, dove si intrattengono eccellenti rapporti con entrambe le capitali. Come hanno fatto notare diversi diplomatici russi, il superamento degli antichi conflitti tra Cina e India significa che Mosca non deve più compiere scelte difficili tra i due Paesi. Il presidente russo Putin è ben consapevole del ruolo delle nazioni asiatiche nel fare da battistrada per una nuova era di relazioni internazionali, come ha spiegato al Valdai Club. Naturalmente, la diplomazia russa ha già impartito una svolta nell’Asia Sudoccidentale e Putin ha inteso coinvolgere nel processo sia l’Arabia Saudita sia gli Emirati Arabi Uniti, che ha visitato la scorsa settimana.
Dagli Stati Uniti, Trump ha indirettamente avviato una certa concertazione con la Russia sulla questione siriana e più in generale alla ricerca di soluzioni per l’Asia Sudoccidentale. Nonostante i colloqui con la Cina siano stati rudi e imprevedibili, tuttavia, nelle valutazioni dei rappresentanti di ambo le parti sono stati compiuti dei progressi anche in quel campo,.
E dov’è l’Europa in questo quadro? Diplomaticamente, l’UE si è isolata dalle grandi iniziative, come in Asia Sudoccidentale, o persino in Ucraina, mancando di cogliere le occasioni offerte dalla cooperazione con la Belt and Road cinese, per esempio nello sviluppo dell’Africa. Internamente l’UE presenta un quadro desolante di litigi per sussidi e fondi, ma senza l’accenno a un grande disegno per costruire il futuro. Dopo cinque anni non cessa il caos sulla Brexit, mentre la Catalogna sta per esplodere e la Francia, nonostante le illusioni di grandezza di Macron, è sconvolta dalle proteste popolari non più soltanto dei Gilet Gialli ma, per esempio, anche dei lavoratori ospedalieri.

Nel frattempo, le cosiddette élite e i loro mass media spargono il fetore di una civiltà morente, spingendo i giovani a credere che non vi sia un futuro. Questi temi e la loro soluzione saranno affrontati alla conferenza internazionale dello Schiller Institute il 16-17 novembre a Francoforte. (Nella foto Helga Zepp-LaRouche, presidente dello Schiller Institute e Liliana Gorini, presidente di MoviSol, al convegno “L’Italia sulla Nuova Via della Seta” tenutosi a Milano lo scorso marzo, su iniziativa di MoviSol e Regione Lombardia).