Il governo italiano non perde tempo a sfruttare la partnership strategica siglata con la Cina il 23 marzo nella forma del MoU sulla Belt and Road Initiative (Nuova Via della Seta). La scorsa settimana il Vicepremier Luigi Di Maio è volato a Washington, mentre i colleghi Tria e Geraci si recavano in Cina per il Boao Forum for Asia.

La missione di Di Maio consisteva nel rassicurare l’alleato americano che, contrariamente alla propaganda ostile, gli accordi dell’Italia con la Cina non minacciano in alcun modo l’alleanza con gli Stati Uniti e la partecipazione agli organismi di sicurezza e cooperazione occidentali. Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale John Bolton ne ha preso atto, scrivendo su twitter.com che “la nostra forte partnership di sicurezza nella NATO” era tra i temi discussi.

Ma Roma mira più in alto: vuole portare Washington sull’asse della Belt and Road Initiative, come Marco Zanni, nuovo responsabile di politica estera della Lega (nella foto, con la presidente di MoviSol Liliana Gorini e Massimo Richard Kolbe Massaron), ha spiegato in un’intervista con Affaritaliani.it il 15 marzo.
L’accordo con la Cina non minaccia le alleanze storiche dell’Italia, ha affermato l’europarlamentare. “Il nostro alleato storico rimane Washington. L’accordo con la Cina può invece renderci il trait d’union tra USA, Europa e il mondo asiatico. È un percorso difficile ma che siamo convinti di poter portare a termine”.

“L’Italia”, ha proseguito Zanni, “ha un’opportunità non solo economica ma anche geopolitica. In Europa stiamo assistendo a una grossa crisi di leadership che apre uno spazio politico e geopolitico nel rapporto con gli Stati Uniti. Dopo la Brexit e Donald Trump, il Paese, con l’esperimento del governo giallo-verde, può innestarsi in questa area di cambiamento e grazie al suo posizionamento può diventare il nuovo interlocutore privilegiato di Washington in Europa, allo stesso tempo affermandosi come interconnessione con le economie asiatiche”.
Inoltre, “la mancanza di investimenti in infrastrutture in Europa può essere uno stimolo per gli USA per criticare ancora più fortemente le politiche UE di sviluppo socio economico. Se oggi molti Stati si rivolgono a chi mette soldi per le infrastrutture al di fuori dell’Europa è perché l’Europa non ha favorito gli investimenti autoctoni, a causa di politiche autodistruttive. Il livello infrastrutturale europeo è ridicolo. La discussione sulla BRI può essere uno stimolo in più per gli USA e per l’Europa per cambiare atteggiamento sulle politiche di investimento in infrastrutture”.

Mentre Di Maio incontrava Bolton, dall’altra parte del mondo il sottosegretario e architetto del MoU, Michele Geraci, discuteva di investimenti con il capo della Asian Infrastructural Investment Bank e Tria annunciava che l’Italia respinge il trattamento riservato alla Cina dal nuovo documento di strategia dell’UE. In un’intervista alla televisione CGTN il 28 marzo, Tria ha dichiarato: “Non condivido il termine usato dal documento. Potrei definire la Cina come rivale sistemico, ma preferirei dire che la Cina è un concorrente, un grande concorrente perché ha una grande economia e a me piace la libera concorrenza. Ma non voglio definire alcun Paese un rivale sistemico”.

Tria ha anche parlato del MoU firmato la settimana scorsa da Cina e Italia, dichiarando che questo è stato “il maggior risultato” della visita di Xi Jinping in Italia. “Ciò significa che vogliamo migliorare le relazioni economiche e commerciali e, soprattutto, vogliamo cooperare nei grandi programmi di investimento… questo può migliorare non solo le nostre economie ma anche la conoscenza tra i nostri popoli, le nostre culture e può contribuire a migliorare la comprensione tra i nostri due Paesi”.

La BRI è più che semplici scambi commerciali, ha detto Tria, ma consiste nel “costruire questo tipo di connettività tra tutti i Paesi: tra la Cina e l’Europa, compresa l’Asia Centrale e altri Paesi” (vedi https://news.cgtn.com/news/3441444d33494464776c6d636a4e6e62684a4856/index.html).

L’Italia fa da battistrada. Ironicamente, il primo Paese dell’UE a seguirne l’esempio e a firmare un MoU con la Cina è stato il Lussemburgo di Juncker. Il sottosegretario Geraci ha commentato: “C’è da aspettarsi dal commissario Juncker e dall’Europa le stesse critiche che hanno riservato a noi. O no? Voi che dite?”.