Mentre il Governo Renzi metteva gli ultimi ritocchi al decreto sulle BCC è stata sollevata di nuovo in Parlamento la proposta per separare le banche ordinarie dalle banche che partecipano al mercato speculativo. Durante la presenza al Senato del Ministro dell’economia e delle finanze Pier Carlo Padoan lo scorso 4 febbraio, la Senatrice Laura Bottici del Movimento Cinque Stelle ha chiesto “se il Governo non ritenga fondamentale procedere, nel più breve tempo possibile, verso una separazione netta tra banche d’affari e banche commerciali…”

Bottici ha continuato spiegando che “Questa separazione, infatti, consentirebbe di prevenire il rischio di contagio sistemico che la crisi delle banche interconnesse porta con sé, anche prendendo atto delle evidenze che mostrano come non sempre le banche di maggiori dimensioni si siano dimostrate più efficienti ma, anzi, un eccessivo livello dimensionale abbia finito con il gravare gli istituti di credito di ulteriori oneri, anziché abbatterne il rischio.

“La separazione delle attività bancarie consentirebbe di salvaguardare meglio i risparmi dei cittadini anche perché eliminerebbe i conflitti d’interesse interni agli istituti di credito che svolgono sia attività di raccolta del risparmio che attività d’investimento e permetterebbe, inoltre, di incoraggiare l’allocazione delle risorse nei confronti dell’economia reale, a discapito delle attività speculative che hanno contribuito all’ipertrofia dei mercati finanziari”.

Nella sua risposta Padoan ha dato atto del dibattito sul tema della separazione, associata alla famosa legge Glass-Steagall varata negli Stati Uniti nel 1933 e abrogata nel 1999.

“In ambito europeo si sta anche discutendo, come è stato sollevato da un onorevole interrogante, della separazione tra banche d’affari e banche commerciali, che, com’è noto, è stata, per esempio in alcune varianti, introdotta in altri Paesi fuori dalla zona euro. Devo però dire che una soluzione a breve appare problematica e questo perché ciascuno Stato membro propende per la difesa delle specificità nazionali, che sono spesso difficili da conciliare.

“In questo quadro l’Italia è favorevole alla distinzione dei ruoli nel settore, ma è anche caratterizzata, rispetto ad altri Paesi, da una pressione inferiore perché le nostre banche non hanno una componente rilevante di attività di investimento e anche per questo motivo presentano un rischio inferiore rispetto ad altri Paesi”.

Dunque il Ministro sembra dire che in astratto il Governo italiano sarebbe anche a favore di una riforma di questo tipo, ma le condizioni non la permettono. In realtà le azioni dell’esecutivo sembrano andare in un’altra direzione, perseguendo l’obiettivo di rimuovere le distinzioni tra le banche locali legate più direttamente al territorio – dalle Popolari alle BCC – e quelle più grandi attive in molti settori secondo lo schema della banca “universale”.

Lo scopo dichiarato è di rafforzare il sistema bancario, in base all’idea che per competere bisogna essere per forza grandi. In questo modo si costringono tutti ad adeguarsi al modello del mercato attuale, che non lascia spazio a chi pensa di evitare le dinamiche finanziarie internazionali.

La proposta della separazione tra banche commerciali e banche d’affari è stata introdotta da numerosi politici in Italia negli ultimi anni, con scarsa attenzione da parte dei media. Inoltre parrebbe che il Governo abbia fatto in modo di rinviare sine die la calendarizzazione in Parlamento dei molteplici DDL presentati, di fatto evitando la discussione del tema in Parlamento.

Vedi il resoconto stenografico del “Question time su iniziative per il rafforzamento del sistema bancario” del Senato (4 febbraio 2016)