Uno studio dello staff del Fondo Monetario Internazionale pubblicato lo scorso febbraio fa pensare che le autorità finanziarie siano pronte a svalutare il denaro per salvare il sistema finanziario da un crac imminente. Il rapporto, dal titolo Monetary Policy with Negative Interest Rates: Decoupling Cash from Electronic Money, propone di deprezzare il denaro fisico per consentire un ampio margine per tassi negativi (vedi https://www.imf.org/en/Publications/WP/Issues/2018/08/27/Monetary-Policy-with-Negative-Interest-Rates-Decoupling-Cash-from-Electronic-Money-46076).

L’imminenza di un secondo crac finanziario globale, più devastante di quello del 2008, preoccupa gli esperti finanziari. Recentemente il Ministro dell’Economia Giovanni Tria ha dichiarato al Forum Boao in Cina che a differenza del 2008, teme un collasso finanziario che verrà scatenato dalla recessione economica, e non il contrario. Le sue preoccupazioni riflettono il rischio che una serie di insolvenze delle imprese provocate dalla recessione innescherà un meccanismo di leva inversa nel settore dei derivati. Particolarmente a rischio è la bolla dei CLO, o Collateralized Loan Obligation, che sono titoli che hanno il debito societario come collaterale.
Il volume dei CLO è aumentato a causa del fatto che le banche cercano investimenti ad alto rendimento, inflazionando il mercato dei CLO e abbassando lo standard, ovvero la qualità, del debito che acquistano. Il volume dei CLO nel 2018 era, grosso modo, allo stesso livello dei volumi delle obbligazioni garantite da crediti (CDO) nel 2006, stando ai dati della Securities Industry and Financial Markets Association. I livelli di default sui CLO sono attualmente bassi, ma lo erano anche sui CDO nel 2006, e sappiamo che cosa accadde poco dopo.

Quando sarà scoppiata la bolla, le banche centrali non potranno più ridurre i tassi di interesse, a meno di non avventurarsi nel territorio dei tassi negativi, il che significherà offrire alle banche un profitto garantito sul denaro che prenderanno in prestito. Tuttavia vi sarà un limite ai tassi negativi, e sarà il livello al quale i risparmiatori ritireranno i loro risparmi e preferiranno il contante per evitare il deprezzamento. Quindi, per evitare il disastro, i tassi negativi dovranno essere applicati anche al denaro fisico, afferma lo studio del FMI.
Gli autori riprendono una proposta dell’economista olandese Wilelm Buiter nel 2007 per “sganciare il valore del contante dalla moneta scritturale e consentire il deprezzamento del denaro contante a rimorchio di quello elettronico”.

Dopo aver discusso i pro e i contro, lo studio conclude che “il sistema è tecnicamente fattibile e non richiederebbe drastici cambiamenti ai mandati attuali o agli ambiti operativi delle banche centrali”. Tuttavia, “Per un’introduzione riuscita di tale regime la comunicazione sarebbe essenziale” e dovranno essere studiate e attuate “le necessarie riforme legali”.

Gli autori sostengono che questo sistema sarebbe pienamente reversibile e che dopo “una sufficiente normalizzazione delle condizioni economiche, potrebbe essere abbandonato, se lo si desidera”. Questa è la teoria. Ma la realtà potrebbe essere diversa. Discutere lo “sganciamento” del denaro fisico dal denaro elettronico è un segno di sganciamento dalla realtà e dimostra che l’élite finanziaria occidentale non si ferma di fronte a nulla. È ora di porre fine al sistema finanziario parassitario, a partire dalla separazione bancaria con la legge Glass-Steagall.