La mera possibilità che in Grecia possa essere eletto un governo contrario all’austerità e agli accordi con la Troika, formato da Syriza e dai Greci Indipendenti, sta facendo tremare l’oligarchia europea. Il timore è che crolli l’Eurozona.


 

Il settimanale The Economist, portavoce della City di Londra, ha ammonito che la crisi greca “scatenerà nuovi tumulti in altre parti dell’Eurozona”, e specialmente in Francia, Spagna e Italia. L’editoriale si è chiesto nervoso se le elezioni greche rappresenteranno “il momento Lehman per l’Europa”, con questo intendendo l’innesco di un meltdown del sistema.


Il Financial Times è stato ancora più esplicito. In un commento di Gideon Rachman, che di fatto ha chiesto la fine della democrazia, ha ammonito che le elezioni greche mostreranno che “l’anello debole dell’Eurozona sono gli elettori”. In altre parole, i cittadini cominciano a ribellarsi alle infauste politiche dell’UE.


La crisi dimostra che nessuno sa veramente come fare per tenere assieme la costruzione europea. Ciò spiega l’indiscrezione pubblicata da Der Spiegel il 3 gennaio, secondo cui Angela Merkel sarebbe a favore di un’uscita della Grecia dall’Eurozona se la sinistra vincerà le elezioni, poiché un rinegoziato del programma di austerità UE, chiesto da Syriza, non si discute. Un tentativo di spingere gli elettori greci a non votare Syriza, minacciando la rottura completa con la Grecia? Un ballon d’essai per preparare la rottura dell’Euro? Il preludio ad un prelievo forzoso su scala europea? In ogni caso, Berlino accende un cerino in un deposito di carburante.


L’EIR ha raccolto il giudizio di Leonidas Chrysanthopoulos, membro della segreteria di Epam (Fronte Unito del Popolo), un partito anti-Euro e anti-memorandum. “Ma quale crisi greca, questa è una crisi europea”, ha dichiarato Chrysanthopoulos, aggiungendo che la Grecia ora sarà in grado di lottare per riconquistare la sovranità e affrontare la catastrofe umanitaria provocata dalla Troika.


Ma la Grecia non è l’unico terreno di scontro. Ci saranno elezioni in Spagna, Gran Bretagna, Polonia, Danimarca, Finlandia, Portogallo, Estonia e forse anche Italia – tutti paesi dell’UE attraversati da crescente sentimento anti-Euro. Antonio Costa, il nuovo leader del Partito Socialista Portoghese che potrebbe vincere le elezioni, è già sotto pressione per rinegoziare il memorandum che costringe il paese a versare annualmente il 5% del PIL, circa il doppio del deficit, per il pagamento del debito.


In Spagna, dove si terranno le elezioni a dicembre, il gruppo di sinistra Podemos è alla testa dei sondaggi, dopo aver conquistato l’8% dei voti alle Europee e aver mandato cinque rappresentanti a Strasburgo, dove si è alleato a Syriza. Nel tentativo di contrastarlo, il Premier spagnolo Mariano Rajoy ha indicato di essere disposto ad allearsi con i socialisti.


La posta in gioco non è il semplice rifiuto dell’austerità, ma la questione se l’Europa si unirà all’emergente dinamica generata dalla leadership dei BRICS.