“Il mondo di oggi si trova a un bivio, che Friedrich Schiller avrebbe identificato come un punctum saliens, cioè il momento, in un dramma, in cui va presa la decisione cruciale: o i protagonisti riescono a elevarsi a un livello più alto di azione e quindi a fornire una soluzione favorevole, oppure rimangono intrappolati in una geometria di antagonismi sono apparentemente insolubili e quindi trasformano il dramma in una tragedia. Il mondo di oggi è a un punto tale sotto due aspetti: la crisi tra Stati Uniti e Cina e a livello interno negli stessi Stati Uniti”.
Questo è l’incipit di un articolo scritto da Helga Zepp-LaRouche il 30 maggio. Per cominciare con la seconda situazione, dopo la brutale uccisione dell’afroamericano George Floyd da parte di un poliziotto bianco il 25 maggio a Minneapolis, gli Stati Uniti sono stati travolti da una serie di violenze e rivolte a livello nazionale, talmente gravi che è dovuto intervenire l’esercito. L’omicidio ha fatto seguito alle recenti proteste di massa contro le condizioni di isolamento dovute al coronavirus e al crollo economico, che a loro volta si verificano sullo sfondo di un’estrema polarizzazione politica del Paese scatenatasi sin dall’elezione di Donald Trump alla presidenza. Gli estremisti di entrambi gli schieramenti politici stanno soffiando sul fuoco di quella che potrebbe diventare una guerra civile. Solo un salto di qualità del Presidente verso una missione nazionale di livello superiore, libera dal vettorismo e dalla partigianeria politica, può impedire agli Stati Uniti di imboccare questa strada.
Sulla prima crisi, quella dei rapporti tra Cina e Stati Uniti, l’intero “partito della guerra” angloamericano è pienamente mobilitato per impedire a Donald Trump di stabilire la promessa cooperazione tra i due Paesi, oltre che con la Russia. La tattica dei guerrafondai prevede di circondarlo di consiglieri e funzionari che ripetano la linea dell’Impero britannico, primo tra tutti il segretario di Stato Mike Pompeo.
In un discorso tenuto il 29 maggio il Presidente Trump sembra aver ceduto per qualche motivo alle pressioni dei guerrafondai e ha ripetuto la solita litania di accuse contro la Cina: aver permesso che il Coronavirus si diffondesse in tutto il mondo; esercitare il controllo totale sull’OMS; praticare lo spionaggio industriale; violare il trattato su Hong Kong; pratiche commerciali sleali, ecc.
Quel discorso, che suonava molto simile a quelli di Pompeo, rischia di mettere i rapporti bilaterali su un percorso di scontro che, unito alle provocazioni militari del partito della guerra, potrebbe portare a un conflitto. I media statali cinesi, tuttavia, hanno sottolineato la differenza tra la politica di Trump e quella del suo entourage neoconservatore a Washington, pur rilevando che il Presidente nulla ha detto sull’accordo commerciale bilaterale ancora in fase di negoziato. Qualsiasi rottura definitiva tra le due economie colpirebbe gli Stati Uniti più duramente della Cina, ma non andrebbe a vantaggio di alcuna delle due parti.
In questa situazione estremamente tesa o punctum saliens, aggravata dal crollo del sistema transatlantico, è fondamentale far sì che il presidente Trump si elevi al di sopra della geopolitica promuovendo una cooperazione internazionale reciprocamente vantaggiosa e ponga fine alle avventure militari all’estero, come pure aveva promesso. A tal fine, nel suo recente articolo, Helga Zepp-LaRouche sottolinea ancora una volta l’urgenza di convocare un vertice tra le quattro potenze (Stati Uniti, Cina, Russia, India) per stabilire “un nuovo ordine internazionale che difenda il benessere di tutti i popoli”, nel rispetto delle sovranità nazionali. Tutte le altre nazioni, anche in Europa, dovrebbero contribuire a realizzare questo obiettivo.