Il 4 novembre si è tenuta a Washington, presso il Congresso, un’importante tavola rotonda. Organizzata dal Comitato Americano per l’Armonia tra Oriente e Occidente (ACEWA) su iniziativa del decano della Camera dei Rappresentanti, il deputato democratico del Michigan John Conyers, la tavola rotonda ha riunito numerosi relatori di rilievo:

Jack F. Matlock, Jr., dopo aver servito a lungo come diplomatico (in particolare fu interprete nei colloqui tra Kennedy e Krusciov durante la crisi missilistica di Cuba), dal 1987 al 1991 è stato ambasciatore americano a Mosca;

Stephen F. Cohen (Università di Columbia), storico rinomato ed esperto di Russia;

Joseph Pepper, ex AD del grande gruppo farmaceutico americano Procter & Gamble;

Bill Bradley, ex senatore democratico del New Jersey, candidato nel 2000 alla primarie democratiche per le presidenziali.

La sala era stracolma. Erano presenti molti deputati e anche William J. Vandel Heuvel, ex ambasciatore americano presso le Nazioni Unite sotto Carter, sposato con Katrina, editrice di The Nation.

Il deputato democratico Alan Grayson della Florida ha aperto i lavori ricordando la psicosi che regnava negli Stati Uniti durante la guerra fredda e gli addestramenti degli scolari all’uso dei bunker antiatomici. Ciò gli è servito per lanciare un monito a evitare che si ritorni a quella situazione, proprio a causa delle provocazioni di Obama nei confronti della Russia.

John Conyers ha sottolineato che la demonizzazione di Putin e della Russia ci riconduce ai momenti più bui della guerra fredda e rischia di degenerare proprio in una guerra atomica.

L’ex ambasciatore Jack Matlock, colui che con Putin condivise il podio alla recente riunione del Club Valdai a Soči, ha ricordato la cronologia delle violazioni americane degli accordi firmati con la Russia dopo la caduta del Muro e il comportamento altamente provocatorio della NATO.

Innanzitutto, ha detto, “non abbiamo vinto la guerra fredda. Essa terminò con dei negoziati tra Stati Uniti e URSS”. La guerra fredda, inoltre, non terminò con lo smembramento dell’URSS, poiché era terminata ben prima. “In realtà”, ha precisato, “noi ci eravamo opposti alla dislocazione dell’URSS”.

Abbiamo dato garanzie, inoltre, che la NATO non si sarebbe estesa nella forma di trattati vincolanti. In occasione della riunificazione tedesca, dichiarammo che, anche se la Germania unita sarebbe rimasta nella NATO, nessuna potenza militare straniera avrebbe stazionato sui territori dell’ex Repubblica Democratica Tedesca. L’ex Ministro degli Esteri tedesco Genscher aveva ottenuto delle garanzie da parte americana; i suoi interlocutori russi avrebbero potuto accettare che l’ombrello americano coprisse nuovi Paesi, ma non con la creazione di basi straniere. Ora, questa basi sono state costruite e ne vengono create sempre di più nei pressi delle frontiere con la Russia. La decisione di estendere la NATO è stata essenzialmente richiesta dai Paesi dell’Europa Orientale e da alcuni Paesi di piccole dimensioni che sono nell’Alleanza Atlantica.

Stephen Cohen ha confermato il rischio assoluto di una simile deriva:

“Se la NATO aggiunge una base supplementare alla frontiere con la Russia, o se un Paese limitrofo supplementare diventa membro della NATO, questo porterà alla guerra.

Stephen Cohen ha poi fatto una sorta di processo a Michael McFaul, l’ambasciatore di Obama a Mosca, da lui definito “fanatico provocatore”. Tutti i relatori hanno sottolineato l’importanza di un’opposizione a questa folle corsa verso il conflitto nucleare.

Cohen ha ricordato che durante la guerra fredda, durante alcune audizioni al Congresso sulla minaccia sovietica, v’era chi preconizzava e chi negava la cooperazione con Mosca. “Entrambi gli argomenti potevano essere difesi”, ha detto, “Tuttavia questa situazione non c’è più”.

Contare su una controparte a Mosca, ha precisato, è l’unica garanzia di sicurezza per gli Stati Uniti. “La nostra massima minaccia, oggi, è il terrorismo internazionale e le guerre civili. L’emergenza rifugiati minaccia la fondazione della stessa Europa e della NATO”, e questa controparte necessaria, ora non più rappresentata dalla Russia, non è più al nostro fianco.

Una nuova guerra fredda sarebbe più pericolosa di quella originale, ha continuato. “I nostri soldati sono alle frontiere della Russia. Oggi mancano regole per l’azione dei disputanti. Non esistono oppositori alla guerra fredda in seno alla nostre istituzioni, che possano far dilazionare le guerre”.

La demonizzazione di Putin è una buona scusa per gli Stati Uniti, per non cambiare politica. “Finché il problema è Putin non c’è alcun bisogno di rivedere la politica che ci ha portati a questo punto”. Cohen ha chiesto che venga avviato un dibattito razionale tra il Congresso americano e la Russia. Ha detto che sono urgenti l’applicazione dei secondi accordi di Minsk sull’Ucraina, al fine di calmare le acque, e la ridiscussione della proposta di legge Nunn-Lugar (negli Stati Uniti) per ridurre gli arsenali nucleari.

Joseph Pepper ha ricordato di come, da scolaro, apprese come correre in fretta fino al rifugio antiatomico. Oggi, per evitare che si ritorni a quel clima, ha detto, occorre cessare di presentare Putin come Hitler o Satana. Obama è occupato tutto il tempo a segnare righe rosse [sulle cartine], e creare le condizioni di una terza guerra mondiale.

Matlock e Cohen hanno infine constatato che le provocazioni di Obama nei confronti della Russia hanno portato la Germania a rompere con gli Stati Uniti e ad avvicinarsi a Mosca. Cohen ha previsto che se continuerà la follia di Obama, vedremo nascere un’alleanza sino-russo-tedesca e che tale unione isolerà dal mondo gli Stati Uniti d’America.

Il docente universitario russo Sergej Rogov è intervenuto parlando in modo schietto. Ha detto che è urgente aprire una discussione interna agli Stati Uniti sugli interessi legittimi della Russia. Al momento, sembra che gli Stati Uniti pensino che non ne esistano. Ha anche sottolineato la necessità di una cooperazione sugli interessi comuni alla due nazioni. Nell’immediato, sostiene, ciò significa cooperare per annientare lo “Stato Islamico” nell’Asia Sudoccidentale.

La deputata democratica Sheila J. Lee del Texas è intervenuta per dire che al Congresso ci sono commissione apposite per tenere audizioni sulla questione della cooperazione economica russo-americana.

Non appena è entrato nella sala il deputato repubblicano Walter Jones della Carolina del Nord, conosciuto per la sua integrità politica, per la sua battaglia per il ripristino del Glass-Steagall Act e per la sua collaborazione con l’economista americano Lyndon LaRouche, i presenti si sono alzati in piedi per applaudirlo.

Questo dimostra che negli Stati Uniti ci sono ancora forze politiche che, se si fanno sentire, possono ricondurre quel Paese sul cammino della pace e della cooperazione con il resto del mondo.

di Karel Vereycken (vedi l’originale)