Il 17 dicembre le forze armate siriane, appoggiate da russi e iraniani, hanno completato la liberazione di Aleppo da Al Nusra e altri gruppi terroristici. Dopo che l’amministrazione Obama si è sistematicamente rifiutata di distinguere tra i cosiddetti “ribelli moderati” e i terroristi, e di concordare misure congiunte per rimuovere Al Nusra da Aleppo orientale, a Damasco non restava altra opzione che quella militare, per quanto cruenta questa fosse.

Secondo il generale russo Sergej Rudskoj, capo di Stato Maggiore, in quella stessa data sono stati evacuati quasi 110 mila civili, circa 3400 membri dell’opposizione moderata hanno deposto le armi e oltre tremila di essi sono stati amnistiati. Migliaia di miliziani sono partiti alla volta di zone ancora tenute dai ribelli.

Sempre il 17 dicembre il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha votato all’unanimità una risoluzione che autorizza l’invio di osservatori neutrali dell’ONU ad Aleppo per presenziare alla continuazione dell’evacuazione. Ora si spera che possa iniziare una nuova fase, compreso un cessate il fuoco, colloqui politici, azioni anti-terrorismo e fornitura di aiuti. Si sta già formando un gruppo per negoziare un accordo-quadro sul futuro della Siria, di cui fanno parte Russia, Turchia, Iran e Kazakistan. I Presidenti di questi quattro Paesi hanno concordato come obiettivo a medio termine un accordo per il cessate il fuoco in Siria. Il gruppo dovrebbe tenere i primi colloqui formali con l’opposizione siriana il 27 dicembre. Ma secondo la Tass, ci sono già stati almeno due incontri ad Astana, nel Kazakistan, nel 2015.

Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov e i suoi colleghi turco e iraniano hanno chiesto alla comunità internazionale di inviare aiuti umanitari, ma fino ad oggi i paesi occidentali non hanno accompagnato le lacrime di coccodrillo sui civili di Aleppo con misure di sollievo concrete.

Per quanto riguarda il ruolo degli Stati Uniti, resta da vedere se nelle quattro settimane e mezzo che gli rimangono, il Presidente Obama manterrà l’impegno di fornire armi letali e sostegno finanziario ai ribelli e altre “forze straniere” che appoggino le operazioni militari americane in Siria.

Un segnale sinistro è la riconquista di Palmira da parte dell’Isis, con un attacco sferrato quando le forze siriane erano concentrate su Aleppo. Le forze jihadiste hanno potuto muovere su Palmira da Raqqa, dopo che la coalizione a guida americana aveva sospeso le operazioni militari sulla roccaforte dell’Isis.