di Claudio Celani, Vice Presidente di MoviSol

Il 14 ottobre all’Expo si è persa un’occasione d’oro. Un convegno organizzato sotto l’egida del CNR, dell’Accademia delle Scienze, della CIA (quella degli agricoltori, non quella di Langley) e della Commissione per il Bacino del Lago Ciad (LCBC/CBLC) allo scopo di attirare l’attenzione mondiale sul problema del prosciugamento del Lago Ciad che è all’origine delle ondate migratorie dal Sahel e terreno di reclutamento per Boko Haram, ha accuratamente evitato di parlare dell’unica, vera soluzione del problema: il trasferimento idrico dal bacino del fiume Congo.

Si è assistito a una ripetizione un po’ farsesca del convegno di Bologna del 2014, quando l’allora inviato speciale dell’ONU per il Sahel, Romano Prodi, invitò i paesi africani a una “conferenza dei donatori” che si concluse con un nulla di fatto.

All’Expo, come a Bologna, si è scartata in partenza l’idea di un’opera infrastrutturale che porti l’acqua da una regione dove ce n’è troppa, il bacino del fiume Congo, a una dove non ce n’è affatto – il Sahel. Eppure l’idea esiste da anni, da quando un’impresa di ingegneria dell’IRI, Bonifica, la lanciò dopo uno studio e alcune misurazioni preliminari del territorio.

Transaqua, così fu battezzata l’idea, consiste in un canale lungo 2400 km che parte dal Congo (Repubblica Democratica) meridionale e, attraversando i grandi affluenti del fiume omonimo, ne raccoglie le acque in bacini artificiali e raggiunge lo spartiacque col bacino del Lago Ciad con una portata di 3200 m3 al secondo, per congiungersi con un affluente del lago e riempirlo fino alle dimensioni originarie di cinquant’anni fa.

Inoltre, il canale costituirebbe l’ossatura di un’infrastruttura di trasporto nell’Africa centrale, che potrebbe diramarsi a est e a ovest; genererebbe 30 miliardi di kWh elettrici, creerebbe 3-4 milioni di ettari di area irrigua e regolerebbe il flusso dei corsi d’acqua attraversati.

Mentre, a distanza di trent’anni, c’è un rinnovato interesse da parte di molti paesi africani per quest’idea, proprio gli italiani che ne furono gli autori sembrano fare di tutto per sopprimerla. E proprio Romano Prodi, che dell’IRI fu presidente e che conosce molto bene Transaqua, all’Expo come a Bologna ne ha parlato di sfuggita, come se non ne valesse la pena.

Peggio di lui Giuseppe Palmisano, direttore dell’Istituto di studi giuridici internazionali del CNR e coordinatore dell’evento. Nell’invito alla conferenza si afferma che tra le soluzioni prospettate c’è l’ipotesi di deviare le acque di alcuni affluenti del fiume Congo. “È questa però – dice Palmisano – un’operazione complessa e rischiosa che va fatta con criterio: le terre coltivabili emerse come risultato del progressivo asciugamento del lago sono molto fertili e ben utilizzate per l’agricoltura, quindi sommergerle potrebbe rappresentare un ulteriore problema”.

È vero che le terre emerse sono fertili, anzi, fertilissime, ma qui siamo all’assurdo che per salvare ottantamila agricoltori e pescatori che vivono sulle isole se ne condannano quaranta milioni! Se i rappresentanti della CIA possono essere perdonati per ignoranza, questo non è certamente il caso del CNR. L’unica spiegazione è che si obbedisca a precise direttive politiche, nazionali o internazionali, di chi non vuole sviluppare l’Africa.

Prima del convegno abbiamo raggiunto il dott. Palmisano e gli abbiamo chiesto come mai non fosse stato invitato tra i relatori qualcuno che presentasse Transaqua. “Perché ci sono punti di vista diversi sulla pericolosità di certi interventi”, ci ha risposto. Come se i convegni si facessero tra quelli che sono tutti d’accordo!

Va aggiunto che, in un’intervista sul sito del CNR, Palmisano sottolinea che il ruolo dell’Europa è cruciale “anche per ridimensionare la crescente presenza cinese che si manifesta con la realizzazione di grandi opere a fronte di un imponente land grabbing“.

Quindi non solo non si vuol fare niente per il Lago Ciad, ma ce se la prende anche con l’unico Paese, la Cina, che sta costruendo le infrastrutture nel continente africano.

La puzza di neocolonialismo è troppo forte.


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Sulla “conferenza dei donatori”

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Transaqua torna d’attualità

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Presentazione di Transaqua