L’inchiesta sulle presunte interferenze russe nelle elezioni presidenziali americane per assicurare la vittoria di Donald Trump, alias il Russiagate, non ha ancora raccolto una sola prova di queste accuse, ma ha portato alla luce gli spudorati tentativi dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia di minare la Presidenza di Trump, come abbiamo riportato.

Il contrattacco da parte di alcuni membri del Congresso ha fatto emergere elementi chiave di questa congiura, iniziata molto prima delle elezioni, quando Trump cominciò a sconfiggere uno dopo l’altro i suoi sedici antagonisti alle primarie del Partito Repubblicano. La Commissione di Intelligence di Camera e Senato sta indagando su questo scandalo, che dimostra le accuse di Trump contro il Deep State che lavora notte e giorno per destituirlo. Il 12 dicembre il Dipartimento della Giustizia ha reso pubblici i 375 SMS che Peter Strzok, il numero due nella Divisione di Counterintelligence dell’FBI, aveva scambiato con l’amante e avvocatessa dell’FBI Lisa Page e che dimostrano che i due stavano complottando per impedire l’elezione di Trump.

Uno di questi SMS, il più esplicito, parla di un incontro avvenuto nell’agosto 2016, probabilmente nell’ufficio del vicedirettore Andrew McCabe (si parla di “Andy”), e al quale parteciparono sia Strzok che Page. Il 15 Strzok scrive alla Page: “Vorrei credere a ciò che hai detto nell’ufficio di Andy [McCabe’s], che non c’è modo che [Trump] possa essere eletto, ma temo che non possiamo correre questo rischio. È come una polizza assicurativa contro l’evento improbabile che tu muoia prima di arrivare a 40 anni”.

I due non rivelano che strategia esatta abbiano discusso, ma le storie sulla collusione di Trump e i presunti hacker russi delle e-mail del Partito Democratico ne facevano probabilmente parte. Come ha scritto il Sen Chuck Grassley in una lettera al Viceministro della Giustizia Rod Rosenstein, questi SMS indicano un FBI altamente politicizzato, pronto a condurre una caccia alle streghe.

Strzok è anche il funzionario dell’FBI che ha cambiato la formulazione nella valutazione su Hillary Clinton da parte del direttore dell’FBI James Comey, da “grossy negligent” (grossolanamente negligente, dunque incriminabile) a “extremely careless” (estremamente noncurante). Altri SMS scambiati tra Strzok e Page mostrano la loro animosità verso Donald Trump (ma anche verso Bernie Sanders, e questo influì probabilmente sulle primarie del Partito Democratico).

Ma non è tutto. Il 13 dicembre, durante un’audizione della Commissione Giustizia, il congressista della Florida Matt Gaetz ha posto domande insistenti a Rosenstein sul fatto che il suo vice al Dipartimento di Giustizia, Bruce Ohr, si era incontrato con Glenn Simpson, cofondatore della ditta assunta dal Partito Democratico durante la campagna per raccogliere “sporcizia” su Trump e screditarlo. La ditta, Fusion GPS, aveva assunto a sua volta un “ex” agente dell’intelligence britannico, Christopher Steele, che compilò il famoso dossier poi reso pubblico. A peggiorare le cose, è stato rivelato l’11 dicembre che la moglie di Bruce Ohr, Nellie Ohr, aveva lavorato per la Fusion GPS nell’estate e autunno del 2016! Conflitto di interessi?

Il sondaggista e stratega di Bill e Hillary Clinton, Mark Penn, è indubbiamente preoccupato. Ha scritto su The Hill il 14 dicembre che il 63% degli elettori ritengono che l’FBI si rifiuti di fornire informazioni al Congresso sulle inchieste sulla Clinton e su Trump, che il 54% ritiene che l’inquirente speciale Robert Mueller (nella foto con Bush) abbia “un conflitto di interessi che gli impedisce di compiere un lavoro imparziale” e che il 61% è a favore di un’inchiesta sui “finanziamenti dello scabroso documento di Fusion GPS”. La sfiducia verso Robert Mueller e tutto l’apparato dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia è tale che Penn chiede un repulisti generale. “Se si osserva i numeri nei sondaggi e il flusso di rivelazioni, il corso attuale è insostenibile, e rischiamo di passare da una crisi di fiducia a una crisi costituzionale vera e propria, se non verrà corretto”.

Perfino il Wall Street Journal si è detto preoccupato in un editoriale del 13 dicembre, in cui esamina la corruzione del team di Mueller. Aumentano le prove, scrive, “che alcuni funzionari dell’FBI, che hanno lavorato per lui, possano aver interferito nelle elezioni presidenziali americane”.