Riceviamo a volentieri pubblichiamo questo supplemento alla lettera aperta del 15 agosto inviata dal Prof. Enzo Siviero, costruttore di ponti, al Corriere della Sera.

L’insieme delle interviste rilasciate da molti (talvolta improvvisati) “tecnici“, mi ha indotto ad alcune precisazioni di carattere generale.

È “totalmente falso” che il calcestruzzo abbia una vita di soli 50 anni! Lo si usa dalla fine ‘800 primi ‘900 (120-130 anni fa!) con risultati molto spesso eccezionali. Vedasi tra i più eclatanti il ponte Risorgimento a Roma (foto) del 1910 (record del mondo per un paio di decenni con i suoi 100 metri di luce) o i meravigliosi ponti in Svizzera di Robert Maillart da molti considerato tra i più belli del ‘900 … senza contare le decine di ponti costruiti prima e dopo la guerra ‘15-‘18 (per fermarsi all’Italia ) dall’impresa Porcheddu licenziataria del famosissimo sistema Hennebique. All’epoca l’Italia era all’avanguardia con progettisti straordinari quali Arturo Danusso Eugenio Miozzi, Giulio Krall e molti altri ancora. Semmai è troppo spesso mancata la necessaria manutenzione a partire dalla protezione delle superfici esterne troppo spesso lasciate “a vista” in ambienti sempre più aggressivi.

La domanda che viene spontanea è come mai i ponti dei primi decenni del ‘900 sono ancora in esercizio mentre quelli del dopoguerra sono così malandati? Orbene , oltre alla già citata mancanza di protezione delle superfici esterne per garantirne l’impermeabilità necessaria a non far ossidare le armature (leggasi ruggine), una delle cause va anche ascritta a stati tensionali eccessivi consentiti da una normativa moderna forse troppo permissiva!

Agli albori del cemento armato vi era una prudenza dovuta a scarsa conoscenza e si utilizzavano criteri di “robustezza” poi non più considerati.

Il concetto di vita di servizio delle costruzioni è entrato nelle normative (non solo in Italia) quando ormai il quadro “reale” era molto compromesso.

Ciò ha determinato finalmente la consapevolezza che per il calcestruzzo erano necessarie attenzioni ben più profonde. Grazie a Mario Collepardi, vero e proprio pioniere in questo campo, oggi il quadro conoscitivo è molto avanzato, ma ahimè, non sempre adeguatamente considerato nella pratica.

Anche il tema di manutenzione è ormai significativamente considerato. In Italia il CNIM (Comitato Nazionale Italiano per la Manutenzione) presieduto da Aurelio Misiti ha svolto una azione estremamente utile anche producendo un apposito manuale già in uso presso alcune amministrazioni.

Pur nella sintesi di una nota divulgativa, si può senz’altro affermare che il tema non è che manchi la conoscenza (anche se il suo avanzamento è necessario e continuo) ma la sua applicazione non sempre sistematica.

Peraltro anche le tecniche di indagine , controllo e monitoraggio , pur essendo largamente utilizzate, necessitano ancora di significative implementazioni. In tal senso la ricerca è vieppiù necessaria.